La mia vecchia amica A., il marito e altri loro amici sono partiti ieri l'altro alla volta della splendida Croazia. Dopo la levataccia per poter salire sull'aereo che da Alghero li ha portati a Treviso, hanno attraversato mezza Slovenia per giungere poi, solo in serata, nella storica capitale che per i suoi abitanti porta il nome di “Zagreb”.

Proprio un villaggio alle porte di Zagabria ha dato i natali al famoso capo  militare comunista, Josip Broz, meglio conosciuto come il maresciallo Tito. Un uomo che al pari di Hitler e Stalin possedeva un vocabolario nel quale era assente la parola “scrupoli”. La Croazia per lungo tempo è stata, suo malgrado, dapprima solo una parte dell'impero austro-ungarico e poi, a seguito del colpo di stato di re Alessandro I, parte del territorio jugoslavo successivamente governato per più di trent'anni dal sanguinario dittatore, ex fabbro apprendista. 

Oggi lo stato croato non va fiero delle gesta del maresciallo, ormai famoso per l'uso perverso delle foibe e per quegli ignobili campi di “rieducazione” come quello dell'isola di Goli Otok, oggi trasformato in località balneare per turisti d'élite. Questa parte dei Balcani cerca in ogni modo di farsi riconoscere per le sue strutture ricettive, le sue industrie leggere, e quanto di meglio può offrire un'economia che, come le altre post-comuniste, ha avuto, ed ha tuttora, il suo bel da fare per potersi riprendere una fetta di benessere e civiltà per il suo popolo.

I riconoscimenti internazionali pian piano sono arrivati con il suo ingresso all'Onu nel 1992, e dopo la firma del patto di stabilità (datato 2005) con il via libera, nel luglio del 2013, alla sua adesione all'UE. Eppure la strada è ancora tutta in salita per un paese dove il reddito medio mensile pro-capite è di circa 300 euro. Tutto, o quasi tutto, è allineato a tali possibilità di spesa: ristorante, albergo, calzolaio e perché no, anche il dentista.  Ecco dunque che, da alcuni anni, spunta all'orizzonte di questa nazione un attività produttiva che guarda ad un misto tra cura dentale e turismo, definito per l'appunto “turismo dentale”.

Cosi quotidianamente, drappelli di italiani raggiungono mete che possono offrire cure dentistiche con prezzi che raggiungono anche il 70% in meno rispetto a quelli dei colleghi italiani. Insieme a queste, squisiti piatti a base di stufato di pesce conosciuto come Riblji paprikas, accompagnati in questo periodo da una fresca ozujsko, bagnati poi da un maraschino sul finire del luculliano pranzetto. Anche la combriccola della mia amica è stata dunque attratta da questa speciale vacanza che i nipoti del maresciallo offrono insieme alla loro professionalità medica.

Una vacanza del tutto organizzata, considerato che questi professionisti croati hanno messo in piedi una vera e propria Holding di servizi turistico-dentali che offre, oltre alle cure, i servizi navetta dagli aeroporti italiani vicini al confine sloveno, prenotazioni alberghiere, ristoranti convenzionati e visite guidate ai monumenti e luoghi di interesse delle città.  

Nell'ottobre del 2013 “Striscia la notizia”, la nota trasmissione di Canale 5, parlò di questo fenomeno, ormai sempre più diffuso tra i nostri connazionali, suscitando l'indignazione del presidente dell'ANDI, Gianfranco Prada. Quest'ultimo sosteneva che la trasmissione di Ricci pubblicizzava un economia fondata sulla scarsa professionalità dei colleghi croati e rumeni, ma sopratutto mancava di mettere in evidenza l'assenza di tutele legali nel caso di malaugurato insuccesso dell'impianto dentario realizzato in questi paesi. Non si può dare del tutto torto al Dott. Prada sopratutto sul secondo punto, ma potrei rispondere che non è semplice ottenere un risarcimento del danno neppure da un dentista italiano. Il medico come l'avvocato infatti sono due figure che assumono delle obbligazioni cosiddette “di mezzi” e non di risultato.

Ciò significa che, in generale, anche un dentista non risponde del risultato ma solo della prestazione stessa che dovrà essere realizzata con la diligenza del buon pa