Come un motto di protesta, una reazione disperata alle impietose forze del mare.

Come un Poseidone affannato e ribelle che si è stancato di essere il dio delle acque e vuole uscire a prendere un po' d'aria. È emersa lentamente dai flutti, nel corso di qualche ora, la triste carcassa della Costa Concordia, ultimo ricordo di quella folle notte del Giglio. È rimasta per quasi due anni adagiata al fondale marino e sulla coscienza di chi, schiavo dell'irrazionalità più incomprensibile, non ha saputo prevedere prima e calcolare poi.

Una vicenda triste di vite avvelenate dal rimorso e dal rancore, consumate dalla salsedine di un mare che non ha potuto perdonare chi ha osato sfidarlo per pavoneggiarsi dall'alto di un ponte di comando. Una vicenda triste come tante altre, ora lontane e addolcite dai film e dalla storia. Ma quella della Costa Concordia, triste, lo è anche più di tutte le altre. Non ha niente di romantico e non lo avrà mai. Nemmeno al cinema.