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“Il bambino con il pigiama a righe”, “La vita è bella” sono pellicole che bene descrivono quella follia che, in un determinato periodo storico, si è insinuata nella mente dei tedeschi guidati da quel folle ex imbianchino.
La parola Duce, la cui etimologia deriva da duca, significa condottiero. Si traduce in inglese leader ed in tedesco Fuhrer. Adolf Hitler è stato infatti la guida e l'ispiratore di quelle pazzesche atrocità perpetrate ai danni di milioni di vittime innocenti, ma non certo l'unico colpevole. A parte la cosiddetta operazione Valchiria che se avesse avuto successo avrebbe eliminato quel pazzoide ispiratore e forse anticipato la fine di tanta ferocia, per il resto il Fuhrer fu attorniato da personaggi degni della sua follia e più in generale da un popolo che stava nei ranghi della violenza senza ribellarsi a cotanta palese crudeltà.
Ma del resto in quel contesto storico non fu solo il popolo tedesco a comportarsi da bestie assetate di sangue. I gulag russi non furono da meno per crudeltà e durezza nel trattamento di chi non era ben visto dal regime. Quando i prigionieri facevano l'ingresso in quel tipo di carcere gli veniva spiegato, se non l'avessero capito prima, che sarebbe stata sufficiente la natura per fermare la loro eventuale fuga. La Siberia e i suoi 50 gradi sotto lo zero, in un territorio sconfinato da percorrere a piedi, è un feroce guardiano dal quale è impossibile sfuggire.
L'amministrazione centrale dei campi di lavoro correttivi (Gulag) rappresentava un grande serbatoio di manodopera schiavizzata per le grandi opere. Nella Russia post-Stalin circolava un aneddoto: “chi ha scavato il canale del Mar Baltico? La riva destra chi ha raccontato barzellette. E la sinistra? Chi le ha ascoltate”. Purtroppo la storiella non è una leggenda, ne “una menzogna della controrivoluzione”, ma la dura realtà. Alla morte di Koba (nomignolo di battaglia del dittatore russo), si calcolarono circa 500.000 persone detenute solo per aver scherzato su di lui o sul partito. Gli stessi russi lo definivano “il tritacarne”.
Quell'infernale ingranaggio per cui era sufficiente qualsiasi pretesto per finire sotto le grinfie degli aguzzini di Koba. La denuncia di un vicino, o l'aver combattuto per la patria all'estero ed aver avuto contatti con inglesi o americani erano ritenuti motivo valido per essere considerati spia. A l'arresto seguivano interrogatori martellanti nei sotterranei della Lubjanka. La tortura fu addirittura formalizzata dallo stesso Stalin, con la privazione del sonno e le minacce di morte ai danni dei familiari. Tutti dunque risultavano reo confessi e grazie alla legge marziale condannati senza appello entro 10 giorni. Per finire questo allegro quadretto, furono milioni i morti per carestia.
Si stima che solo in Ucraina furono circa 10 milioni i morti per fame grazie alle collettivizzazioni volute dal successore di Lenin. Cosi mentre al Cremlino si viveva nel lusso sfrenato con feste che ricordano quelle di Arcore, i Kulaki (contadini piccoli proprietari) venivano decimati come “nemici del popolo” e “sabotatori delle fattorie collettive”. La propaganda, al pari di quella nazista, risultava efficace: Stalin, Molotov, Kamenev e Zinovev (questi ultimi due furono giustiziati perché gli unici che potevano insediare il posto di Stalin) si mostravano in pubblico e sulle locandine propagandistiche sempre amorevoli, attorniati da bambini e con il sorriso stampato come buoni padri di famiglia.
Peccato che la stessa famiglia del sanguinario despota fu colpita da una decimazione senza precedenti. La stessa prima moglie, che fu la sua fedelissima segretaria fu giustiziata dopo anni di reclusione e isolamento ai quali seguirono una profonda depressione. Cosi fu anche per i cognati, mentre la seconda moglie mori suicida all'età di 32 anni. Ma le torture, gli assassini e lo sfruttamento di tipo schiavista non si fermò ai confini russi. Koba infatti fece proseliti: Mao in Cina, con le guardie rosse che presero lezioni ed assunsero i sistemi della polizia politica di Stalin, fece milioni di morti favorendo una carestia che decimò la popolazione. Ma gli allievi non si fermarono alla rivoluzione culturale di Mao.