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Il ragionier Mario Monti al suono di fanfara aveva provato, durante il suo incarico a palazzo Chigi, a rimuovere le odiate province. Quasi fossero veramente l'unica causa dei nostri mali e sopratutto dei nostri conti in rosso, insieme alla spending rewiew erano il cavallo di battaglia del nostro Chihuahua di “Merkeliana” natura.
Ma la Corte Costituzionale ha rotto le uova nel paniere cosi com’era prevedibile. Costituzione alla mano infatti, l'abolizione delle province deve obbligatoriamente passare da una procedura rafforzata di revisione costituzionale, la quale deve essere compiuta dal parlamento. Non è certo sufficiente dunque un “misero” decreto legge governativo, ma si prevede che il medesimo testo sia approvato da entrambe le camere con la maggioranza dei 2/3 per ben due volte cadauna alla distanza non inferiore di 3 mesi da un'approvazione all'altra.
Inoltre nel caso in cui il testo non fosse approvato con tale maggioranza si potrebbe delineare l'eventualità di un referendum. Buonanotte!! In mancanza di una procedura di questo tipo chiunque si trovi seduto nella poltrona più importante di palazzo Chigi può scendere o salire (dal detto sardo “t'arziesse o di halesse”) ma di abolire le province manco a parlarne. Cosi che anche il nostro eroe attuale, seduto in tale preziosa poltrona, sarà meglio che la smetta subito di suonare le fanfare con cui altri in passato si sono cimentati sbattendoci il grugno.
“A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” diceva Andreotti. Conoscendo l'intelligenza politica del senatore direi che in questo caso anche lui avrebbe pensato che zio Mario e zio Matteo hanno usato e usano una tale proposta solo ai fini elettorali, infischiandosene della successiva quanto scontata bocciatura della consulta.
Ma vi pare possibile che la casta dei politici sia veramente concorde nel darsi una bella zappata ai piedi, eliminando la sua base di consensi? Mah, può darsi, ma allora aspettatevi il trucco!! Se veramente il nostro baraccone parlamentare approvasse una tale storica modifica costituzionale troverà il sistema per rimpiazzare i posti mancanti. Cosi fecero per le tanto stigmatizzate Comunità Montane, con le quali forse si era davvero esagerato piazzandone qualcuna pure sul livello del mare.
Ma anche in quel caso la cura fu peggiore del male, sostituendo le odiate ma utili Comunità “solo per i monti” con le Unioni dei Comuni permesse in ogni dove. Cosi anche quei tremila politici, di cui si ciancia tanto in questi giorni, dobbiamo aspettarci che vengano riproposti in diversa salsa nostrana. Una salsa che potrebbe rivelarsi pure più cara di quella attuale. I politicanti delle province infatti non sono neppure cosi tanto esosi nelle loro remunerazioni, che per i consiglieri si limitano al gettone di presenza, mentre i dipendenti non verrebbero comunque licenziati.
Cosi che anche se si realizzasse, la riforma non porterebbe significativi risultati neppure sotto il profilo dei conti pubblici. Conti, questi ultimi, perlopiù intasati da rigagnoli di denari, formatesi nella storia partitica della prima repubblica e continuata nella seconda, a favore del clientelismo e dell'opportunismo più sfrenato. Esempi? Pensioni d'oro, baby pensioni, canoni di affitto milionari per locali destinati alle istituzioni inutili, spese di enti inutili e vetusti che nessuno conosce, consulenze per i consulenti dei consulenti.
E se volete continuo per due chilometri di pagine. “Va beh”, direte voi, “da qualcosa si dovrà pur cominciare”. E allora cominciamo, ma attenzione alle false illusioni buone solo per futuri propositi elettorali e sopratutto per allontanare il nostro sguardo dalle questioni fondamentali che potrebbero concretamente cambiare il corso della nostra storia economico finanziaria.