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Nel giorno in cui in tutta la Sardegna hanno avuto inizio le meste cerimonie in memoria delle vittime dell’alluvione che un anno fa seminò terrore e morte, il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, ha affrontato ieri mattina, durante una conferenza stampa, un compito non facile in questo momento, e cioè quello di fare un bilancio intriso di numeri freddi, gelidi come il sangue di chi non è sopravvissuto al fango e di chi ancora resta impietrito pensando a quei giorni infausti.
Ad aumentare il disagio, non solo del governatore, ma di tutti - compresi coloro, tantissimi tra privati e istituzioni, che hanno manifestato, anche da oltremare, una solidarietà fuori dal comune – ha provveduto il governo di Roma, ancora assente per gli stanziamenti promessi e mai arrivati. Al riguardo, il governatore ha spiegato che in ambito nazionale c’è un disordine che “crea incertezza”. “Siamo decisi”, ha continuato Pigliaru, “ad ottenere tutto ciò che ci spetta”.
Ancora più esplicito l’assessore dei Lavori Pubblici Paolo Maninchedda. Ha fornito dati impietosi, precisando che “a fronte di una stima di danni di circa 660 milioni di euro, sono 185 i milioni disponibili”. Questo a un anno dall’alluvione.
Il quadro è agghiacciante, ma lo è ancora di più se si pensa che non sono ancora giunte a termine le procedure per i lavori riguardanti altri due cicloni della morte, quelli di Villagrande del 2004 e di Capoterra del 2008.
Tutto ciò vuole dire che coloro che dalle alluvioni hanno avuto lutti e subìto danni incalcolabili, dovranno andare avanti con quella forza interiore tipica della nostra gente e capace, perché sostenuta da una solidarietà unanime, di lottare contro l’uomo sordo, imprevidente e irresponsabile che non ascolta quei sinistri i richiami della natura che, troppo spesso, si trasformano in sciagure.