L’appuntamento è sinistro, tutti gli anni. D’estate,  la Sardegna  è sotto il terrore del fuoco, di quelle fiamme che avvolgono, bruciano e distruggono tutto, anche vite umane, purtroppo.

Già, il terrore. Ma chi lo provoca? La categoria dei piromani è variegata, perfettamente a misura di menti criminali, malate quanto lucide e spietate nei loro disegni di morte. Gli arresti degli autori degli incendi dolosi, uomini vili, che ci consegnano le cronache e le statistiche, hanno riguardato nel tempo persone insospettabili, spesso recidive.

Questo per quanto riguarda la manovalanza del crimine. E i mandanti? Volti interiormente scuri, subdoli, anch’essi insospettabili. Agiscono senza sporcarsi le mani, a rischio zero. Ma in realtà sono loro, “artisti” della doppia vita, ammantati di perbenismo e magari anche mimetizzati da un ruolo sociale di rilievo, a far parlare degli incendi come di un’industria retta da intese, o da interessi sparsi ma compatibili, per delinquere invisibili come il pulviscolo velenoso che sfugge a tutti gli esami.

Che brutta definizione, fa inorridire! Si ha a che fare con venditori di morte, che seminano terrore, perché le fiamme creano angoscia, panico e persino la morte. 

Anche in questi giorni la Sardegna è in fiamme. Gli interessi biechi, o gli istinti criminali, non finiscono mai. Gli strumenti di prevenzione, legislativi e operativi, seppure innovativi e d’avanguardia, non saranno mai sufficienti e decisivi per porre fine o persino per ridurre la frequenza dei macabri appuntamenti col fuoco.  I fatti, purtroppo, sono lì a  dimostrarlo, nonostante il dispiegamento delle forze in campo.

Fanno specie le puntuali critiche e polemiche contro tutta la “macchina antincendio”, perché, ancorché a volte giuste, non sono mai dirette (volutamente?), anche o soprattutto, al cuore del problema, ovvero a un solo risultato  possibile: far sì che gli incendi non ci siano.

È così, come in altri settori della società. Da una parte i cittadini, i lavoratori onesti, le Istituzioni tese ad assicurare un normale svolgimento della vita sociale e democratica nel nostro Paese, mentre  dall’altra ci sono i professionisti del crimine.

Gli incendiari, si è appena detto, vogliono distruggere e seminare terrore. Sono, dunque, dei terroristi, made in Italy, made in Sardinia. Insomma, “prodotti” di casa nostra.

Se un giorno si dovesse sapere di esecutori o mandanti non indigeni, si scuoterebbero le diplomazie, ma non solo, di mezzo mondo. I delitti domestici fanno meno rumore, si sopportano e spesso si supportano con la complicità chiamata anche semplicemente indifferenza o rassegnazione.

La caccia ai terroristi del fuoco deve essere invece senza quartiere, implacabile, se si vorrà una Sardegna non più divorata dalle fiamme.    

Nei momenti di maggiore sconforto o rabbia, di fronte al paesaggio spettrale dei luoghi dove tutto è andato in fumo e dove gli effetti nefasti continuano a bruciare nell’anima di chi ha perso ogni cosa, la consapevolezza comune è che non ci si debba mai fermare nella lotta contro gli incendiari, che sono sempre lì, in agguato, pronti a far scattare il loro piano distruttivo. 

Chissà, forse potrebbe aiutare, a latere di quanto già esiste in ordine a uomini, mezzi e normativa di settore, l’adozione, disciplinata nel quadro di un Paese di assoluta vocazione democratica, di una nuova figura, che c’è ad esempio negli Usa,  da contrapporre ai piromani. Parliamo del cacciatore di taglie, collocato, ovviamente, nel quadro di una legge speciale ad