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Italia al voto, ancora una volta, ma questa volta non sembrerebbe come le altre. La sensazione, per tanti, è che tra l’Italia che proclama il cambiamento e quella che non la vorrebbe cambiare c’è soprattutto l’Italia che non cambierà.
Ognuno di noi ha la sua rete di “contatti” e annusa gli umori: vincerà il SI? Vincerà il NO? Ciascuno si da la risposta che spera ma sostanzialmente un esito certo e sicuro nessuno lo può ancora azzardare.
Da mesi non si parla d’altro, ma finalmente lunedì sarà tutto finito.
Tutti quelli che incontro dichiarano di votare per un NO sostenuto, direi quasi arrabbiato, deciso e per niente combattuto. Tante forze così diverse tra di loro confluiscono con energia e con il dichiarato sospetto, da parte di alcuni, che l’importante non sia tanto comandare quanto cacciare via quelli che già ci stanno.
D’altro canto, l’impeto che arriva dall’alto soffia per far propendere la bilancia sul piano del SI e a qualunque costo, con qualsiasi mezzo persuasivo che la pubblicità può generare e il potere esercitare, con lo schieramento in massa in cielo in terra e in ogni luogo di quelli che al Governo già ci sono e ci vogliono restare.
Qualunque sia il destino a cui ci affideremo certe facce resteranno sia da una parte che dall’altra: i commedianti della politica “vinceranno” a prescindere e probabilmente, come diceva Trilussa, “senza l’ombra d’un rimorso ce faranno un ber discorso, su la pace e sul lavoro, per quer popolo cojone risparmiato dar cannone”!