L'emergenza siccità in Sardegna è sempre più preoccupante. Nonostante il sud dell'isola benefici di qualche acquazzone mattutino di agosto, si tratta di un pannicello caldo di fronte alla grande sete della Sardegna. Crisi certificata dai desolanti numeri dei coefficienti di riempimento degli invasi artificiali che danno acqua alle campagne e alle case dell'Isola.

I bacini sardi sono pieni a metà e alcuni sono anche sotto questa soglia. Secondo il monitoraggio degli invasi e preallarme siccità dell'autorità di bacino della Regione, la percentuale di riempimento è pari al 50,2%, sette punti in meno rispetto a fine giugno 2024. In termini assoluti su 1824 milioni di metri cubi invasabili, al 31 luglio ce ne sono disponibili solo 915.80 milioni mentre al 30 giugno erano 1048.06 milioni, ossia il 57.4%. Ma se si guarda al 2023, a luglio gli invasi contenevano 1295.11 milioni di mc, cioè il 71%.

La crisi idrica è conclamata nelle campagne ma a preoccupare, in assenza di precipitazioni, è l'autunno. Le piogge arrivano sempre più tardi e le restrizioni, se continuerà a non piovere, potrebbero non riguardare più solo le aziende agrozootecniche ma anche le utenze residenziali. Qualche comune è già corso ai ripari cercando pozzi di acqua sotterranea e prevedendo l'installazione di dissalatori. 

La sete si fa sentire di più nel Sulcis (35%), ma, a parte l'invaso del Liscia in Gallura al 64% e il distretto del Tirso (al 75.4%), anche tutte le altre dighe devono fare i conti con la poca acqua invasata: dall'Ogliastra alla Baronia, sino al nord Sardegna. Quest'anno non si salva neppure la zona idrografica del Flumendosa-Campidano-Cixerri dove c'è solo il 35.7% di acqua. 

Da considerare poi che potrebbero aumentare i costi per la depurazione: pescando dal fondo dei bacini l'acqua va trattata con più cura e questo fa lievitare i costi per il gestore idrico, che si riverberano poi nella tariffa ai clienti finali.