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Il 2018 sportivo, che doveva essere l’anno della consacrazione definitiva di Fabio Aru, si sta inesorabilmente trasformando in una stagione da incubo per il ciclista di Villacidro.
Il corridore della UAE Emirates si era presentato alla 101^ edizione del Giro d’Italia fra i favoriti, ma già da subito era parso chiaro che la sua condizione non fosse al top. I ritardi accumulati nelle prime due settimane della corsa rosa lo avevano fatto uscire dalle posizioni che contano in classifica generale. Ieri il tracollo.
Nel corso dell’15^ tappa da Tolmezzo a Sappada (176 km), il Cavaliere dei Quattro Mori ha vissuto la giornata più difficile della sua carriera con le gambe che non riuscivano a spingere sui pedali e i compagni di squadra che lo attendevano nelle rampe che portavano al traguardo, confortandolo e abbracciandolo quasi a volerlo portare su con loro.
Aru, 28 anni, è stato vicino al ritiro e solo la sua grande forza di volontà gli ha permesso di andare oltre il momento di profonda crisi portando a termine il percorso, pur con un ritardo di 19’32” da Simon Yates vincitore di tappa e attuale maglia rosa. Il ritardo in classifica generale è di 25’14” e, dopo una notte di riflessione e analisi, nella giornata odierna, turno di risposo, il corridore ha annunciato che non si ritirerà e onorerà per quanto possibile il Giro tentando di portarlo a termine, pur senza particolari aspirazioni.
L’operazione di mercato che ha portato Aru alla società emiratina è stata particolarmente eclatante anche dal punto di vista economico (stipendio da 3 milioni di euro a stagione). Sarà imprescindibile, per lo staff e la dirigenza della UAE, valutare cosa abbia portato lo scalatore sardo ad una situazione di così insostenibile difficoltà. Non solo per l’aspetto economico, è ovvio, ma anche per evitare che finiscano per esaurirsi le risorse psicologiche e fisiche di uno dei più sorprendenti e interessanti talenti del ciclismo italiano e mondiale degli ultimi anni.