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"It's coming home", "Sta tornando a casa": è stato il ritornello che ha accompagnato la Nazionale inglese durante tutto il torneo. Nelle strade si vociferava, neanche a voce troppo bassa, di un'Inghilterra pronta a regalare la grande gioia ai tifosi dopo 55 anni dall'ultimo trionfo.
Effettivamente sembrava andare tutto per il verso giusto: avanti nel girone da imbattuti e la cavalcata sino alla finale senza praticamente prender mai gol. Aggiungi un rosa da urlo e i 60mila di Wembley. E ancora, la rete del vantaggio dopo appena due minuti di gioco.
Sembrava il preludio a una disfatta azzurra in terra britannica. E invece col passare dei minuti i nostri hanno preso campo, centimetri, coraggio: gli applausi entusiasti si sono trasformati in fischi di paura.
Poi il pareggio e il grande silenzio. Da quel momento non sarà più la bolgia infernale che ha accompagnato gli inglesi sin dal fischio d'inizio: una tensione palpabile, della quale i ragazzi di Roberto Mancini si sono nutriti, e dalla quale hanno attinto coraggio e motivazioni.
E poi la grande bellezza, un finale ineluttabile, doveva andar così: "Man mano che andavamo avanti si respirava un'aria magica", racconterà il capitano Giorgio Chiellini. Un successo costruito sulle ceneri della disfatta mondiale, una storia di coraggio e redenzione.
Erano gli anni di Riva e Anastasi, di Mazzola e Facchetti, di Dino Zoff: gli Azzurri nel 1968 vincevano il primo (e fino a ieri unico) campionato europeo. Un grido rimasto in gola per tanti anni. Ma adesso, finalmente: "It's coming... to Rome".
Foto Nazionale Italiana