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Cagliari, estate 1968: Manlio Scopigno torna, dopo un anno lontano dai campi, a ricoprire il ruolo di allenatore nelle file rossoblù. Su quella panchina c'era stato già due stagioni prima, e aveva anche fatto bene, tanto. Sesto posto in classifica e un giovane Gigi Riva che si posiziona sul primo gradino della classifica marcatori con 18 reti. Perché allora la società sarda aveva sciolto il legame col tecnico? La risposta è da ricercare al di fuori dal rettangolo di gioco, lontano dalle classiche dinamiche societarie. Bisogna tornare indietro al prestagione '67-'68: il Cagliari, dopo il brillante campionato appena trascorso, viene invitato a un torneo negli States. I rossoblù accettano l'invito, vi partecipano e si classificano terzi. Al termine della competizione la comitiva cagliaritana viene invitata a un ricevimento presso l'Ambasciata italiana a Washington. E' qui che uno spiacevole episodio decreterà la temporanea separazione fra Cagliari e Scopigno. Pare infatti che nell'occasione, dopo aver ingerito qualche bicchierino di troppo, il tecnico friulano abbia urinato nel cortile dell'Ambasciata, episodio al quale seguirono innumerevoli polemiche, culminate nel clamoroso esonero.
Tuttavia le doti e la personalità di Scopigno non passarono inosservate. Lui rimane tutta la stagione senza panchina, ma gli occhi di numerosi presidenti sono puntati su quel curioso personaggio. Ma è appunto la società sarda, un anno dopo, a tornare sui propri passi e riallacciare i rapporti, riportandolo sulla panchina rossoblù. Sarà l'inizio di una storia destinata a rimanere impressa nell'almanacco dei grandi momenti sportivi del calcio nostrano. "Il Filosofo", così lo chiamavano. D'altronde con quella sua aria enigmatica e quella flemma caratterizzante si consegnava agli schermi come un uomo tutt'altro che ordinario. Aveva studiato Pedagogia, alla Sapienza di Roma. Un passato da calciatore in Serie C, B e anche nella massima serie, dove vestì la maglia del Napoli. Oltre al calcio due grandi passioni: il whisky e le sigarette. Fumava, tantissimo.
La nuova stagione in rossoblù iniziò con importanti aspettative e la sensazione che la squadra sarda potesse ottenere risultati ancor più ambiziosi rispetto ai passati, sorprendenti, campionati. E fu così, perché Scopigno forgiò un gruppo unito, ma soprattutto competitivo. La stagione '68-'69 terminò con uno storico secondo posto, alle spalle della Fiorentina. Fu il preludio alla cavalcata trionfale che lo consegnò alla storia come primo allenatore di una squadra del Mezzogiorno a diventare campione d'Italia. Nel percorso che portò al trionfo seppe entrare nella testa dei suoi giocatori, anticipando i tempi e capendo quanto, al di là di schemi e tatticismi, fosse importante scavare nel fondo dell'animo umano. E' nei rapporti umani che forgiò il suo successo: “Gli volevamo bene. Perché oltre che un grande allenatore era una persona buona e onesta”, racconterà l'immenso Gigi Riva.
Sì, perché dell'onestà fece un principio irrinunciabile, un motivo di confronto e crescita reciproca. Dote rara in un mondo di squali come quello che si affacciava a un calcio sempre più moderno e colmo di "prime donne". Emblematico l'episodio che lo vide protagonista insieme a quattro giocatori del grande Cagliari, quando, entrando nella stanza di Riva, Albertosi, Boninsegna e Cera venne avvolto da una nube di fumo. Stavano giocando a carte, tutti con la sigaretta in bocca. "Oddio - penso - ora ci ammazza", raccontò Pierluigi Cera ricordando quegli istanti. Nel silenzio più assoluto l'allenatore prese una sedia e si sedette al loro fianco, poi portò una mano verso il taschino della giacca. Estrasse una sigaretta e domandò: “Dà fastidio se fumo?”. E scoppiarono tutti in una fragorosa e liberatoria risata.
Il giorno del trionfo rossoblù tutto il Cagliari venne invitato a La domenica sportiva. L'allora conduttore, Lello Bersani, si rivolse al mister, domandando: “Di lei, signor Scopigno, hanno detto che è il filosofo, l’enigmatico, il sornione, l’ironico e lo scettico… Insomma Scopigno, lei chi è?”. Una domanda che tutti si ponevano, davanti a quella misteriosa figura che aveva appena fatto la storia di un'intera terra. Lui, in tutta risposta, disse: "Uno che in questo momento ha sonno". Era così, Scopigno: schietto, pungente, talvolta irriverente. "QUI finisce il campo", fece scrivere in un cartello che fece poi piantare dal magazziniere ad uso e consumo di Nastasio, un attaccante del Cagliari piccolo e velocissimo che tendeva a crossare in ritardo. E mille altri aneddoti si potrebbero raccontare, pillole di vita quotidiana, momenti di gruppo e condivisione che, come granelli di sabbia, costruirono un passo alla volta la storia dell'uomo, fino a plasmare il mito del "filosofo", l'allenatore visionario che scrutava l'anima e riempiva il cuore.
Foto Cagliari Calcio