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Il numero 0 sulle spalle, l’esplosività di chi ha fame di vittoria e quella tìrria tutta sassarese che gli ha permesso di emergere, nel corso della stagione, affermandosi come uno degli elementi più preziosi del roster a disposizione di coach Pozzecco.
L’avventura di Marco Spissu nel mondo della pallacanestro era partita dalla sua città. Sognava di difendere i colori di quella Dinamo in cui è cresciuto prima di compiere il suo personale giro attraverso lo stivale. Un intenso percorso di crescita che nel 2017 lo ha riportato a casa ad inseguire, come nelle favole più belle, il suo sogno di bambino: portare lo scudetto a Sassari. Forse fantasticava proprio questo Marcolino Spissu quando nel 2011 la sua insegnante di italiano lo sorprese distratto a lezione. “Per la madre di Marco Spissu – recitava una nota riproposta in questi giorni e divenuta virale sul web – le comunico che suo figlio oggi non ha seguito la lezione perché pensava al basket. Cordiali saluti”.
Nove anni dopo il playmaker della Dinamo corre e lotta su ogni palla conducendo da protagonista la serie della finale scudetto che vede il Banco di Sardegna sfidare la Reyer Venezia. Dopo l’1-1 venuto fuori dalle prime due gare giocate in Veneto, i biancoblu hanno fatto ritorno in Sardegna e stasera affronteranno gli orogranata per la terza volta in cinque giorni.
Noi abbiamo contattato Marco Spissu a poche ore da questo scontro fondamentale e abbiamo parlato con lui della sua storia, della sua evoluzione sportiva e di questi giorni di fuoco che stanno infiammando Sassari e i tifosi dell’intera Sardegna
Ottenere dei successi è sempre bello. Farlo indossando i colori della propria città deve avere un sapore speciale…
Sì, è qualcosa di particolare per me, l’ho già detto. E’ qualcosa che non si può descrivere, è bellissimo siamo in una finale scudetto e mi sto giocando il titolo di campione d’Italia quindi per me è un orgoglio e ce la stiamo mettendo tutta. Ma ancora la serie è lunga.
Già dal tardo pomeriggio di mercoledì i tifosi della Dinamo si preparavano a passare una notta all’addiaccio davanti alla biglietteria pur di accaparrarsi gli ultimi ticket rimasti per le gare di stasera e domenica. Cosa vuoi dire a chi è disposto a fare questo sacrificio pur di sostenervi?
Ho visto qualche foto. Sono scene bellissime perché vuol dire che la gente ci tiene, molla a casa tutto e sta fuori con una brandina e delle coperte pur di prendere un biglietto. Purtroppo la capienza del palazzetto è quella e non si può fare diversamente. E’ bello vedere tanta gente fuori così e speriamo di regalargli una grande gioia.
Nei giorni scorsi è divenuta virale sul web una nota che la tua insegnante aveva scritto perché piuttosto che seguire la lezione pensavi al basket. Ricordi quell’episodio? Ce lo racconti?
Sì, lo ricordo. Mi aveva fatto una domanda e mi aveva colto con la testa fra le nuvole. Mi aveva chiesto: a cosa stai pensando? Gli risposi: al basket. Mi chiamò alla cattedra col quaderno e scrisse quella nota. Ovviamente in quel momento non mi fece piacere. Ora, quando lo ricordo, mi viene da sorridere se penso che sto giocando la finale scudetto.
Avevi le idee chiare già da allora sul tuo futuro. Quali sono stati i passaggi più importanti per la tua formazione sportiva?
Sicuramente la partenza a Tortona, il passaggio a Bologna e ovviamente il ritorno qua in Dinamo che mi ha permesso di ritrovarmi a questo punto.
Veniamo a oggi. Dopo Gara 3 con Milano il palazzetto si è trasformato in una bolgia. Tremavano le gambe quella sera?
Abbastanza. Più che altro avevo la pelle d’oca quando è uscita la coreografia della barca che raggiungeva il tesoro. E’ stato speciale, me la son sentita sulla pelle e ogni volta mi vengono i brividi.
Adesso si torna a casa dopo le prime due gare della serie finale. Quanto peserà l’effetto PalaSerradimigni nei prossimi due incontri?
Peserà tantissimo, nel senso che sappiamo che i tifosi sono il sesto uomo e contiamo molto su di loro. Ci hanno sempre dato una mano e credo si trasformerà ancora in una bolgia in Gara 3 e Gara 4.
Qual è il vostro valore aggiunto, quali le qualità più temibili degli avversari e cosa farà, alla fine, veramente la differenza?
Il nostro valore penso sia il lavoro di squadra che ci permette di entrare in campo ogni volta con determinazione e voglia di vincere. Lo stesso vale per Venezia: è una grandissima squadra. Non si può ragionare sui singoli. Lo hanno dimostrato, lo sappiamo. Alla fine farà la differenza chi avrà più fame di vincere e chi sarà capace di conservare più risorse fisiche e mentali.
Oltre alla straordinaria prestazione di ognuno di voi in queste settimane è emerso quale elemento fondamentale per l’affermazione di questa Dinamo il grande carisma di coach Pozzecco. Confermi?
Certo. E’ stato capace di trasmetterci la sua passione per la pallacanestro ed è anche per questo che siamo arrivati qua. Ci dà molta fiducia ed è bello averlo al nostro fianco e poter imparare ogni giorno qualcosa da lui.
Non voglio chiederti pronostici. Ma cosa ti aspetti da questa settimana e come ti vedi fra un mese?
Una cosa è certa: sarà una settimana intensissima di allenamenti e partite. Stasera giochiamo, poi riposo e si rigioca domenica quindi questo sarà il nostro standard. Fra un mese non so, spero di riposarmi al mare. Chissà, magari con lo scudetto in tasca.