Diciamoci la verità, molti di noi che adesso esultiamo per i trionfi della Dinamo non avevano mai seguito con attenzione il basket prima dell’inizio di questa favola sportiva che oggi ci rende orgogliosi e ci fa riscoprire il nostro più profondo senso di identità attorno ai colori di una squadra vincente che rappresenta il sentimento di un’isola intera.

In realtà, tra i protagonisti dell’impresa di stanotte, pochi sono gli italiani, e uno solo è sardo. Eppure, in quel gruppo di americanoni da due metri e dieci, in quella combriccola di belle speranze sbarcata in Sardinia per regalarci un sogno, abbiamo riconosciuto un po’ del nostro spirito. In quegli occhi spalancati, in quelle gambe potenti, in quei tendini tirati sotto la canotta biancoblu, in quelle braccia agganciate a canestro capaci di imprimere una così straordinaria potenza, abbiamo rivisto, tutti, l’anima di un popolo che a volte, quasi come scosso da un torpore che lo avvolge, decide che è venuto il momento di volare alto, e conquista i suoi cieli lasciando tutti a bocca aperta.

E allora wow! Quest’anno ce la siamo spassata. Se Fabio Aru, a maggio, ci ha trascinato sulle Alpi con la sua pedalata sicura capace di dominare le montagne più dure del Giro d’Italia, oggi è la Dinamo di Sassari a farci urlare che “Sì, siamo noi i più forti! Siamo noi i campioni!”.

Ed era bello, ieri sera, sentirsi parte della festa in Piazza Tola. Mentre lo sgomento figlio del primo quarto lasciavo posto a un’adrenalina che cresceva sotto gli affondi di Logan e Lawal. La piazza si riscaldava, e la gente iniziava a tremare e incrociare le mani quasi a voler trattenere i secondi che scorrevano inesorabilmente sul cronometro che segnava il tempo di una fantastica finale. E poi, quando Dyson le ha messe dentro alla fine, una dopo l’altra, e i “For-za Di-na-mo!” sono cresciuti di intensità, sembrava davvero di stare in una bolgia. E l’intera città si è infiammata, in ogni piazza un maxi schermo, in ogni angolo una tv sintonizzata su Rai Tre. Mai vista Sassari così.

In Piazzale Segni, alle due di notte, ancora arrivavano le macchine da ogni angolo della città coi clacson consumati a furia di suonare e le bandiere al vento, le braccia al cielo mentre migliaia di persone saltavano al grido di “Fallu baddà!”, lo stesso che accompagna la Faradda dei Candelieri, quasi che questa notte, a Sassari, si stesse compiendo un antico rituale sacro.

E nel tempio dello sport, da oggi, ci sono anche loro: Lawal, Logan e Dyson, e poi Brooks, Sosa, Kadji, Sanders e la vecchia guardia Devecchi, Sacchetti e Vannuzzo, il sassarese Chessa, profeta in patria di una vittoria di tutti.

Ce la sentiamo nostra, questa vittoria, tutti quanti. Anche noi che, in fondo, abbiamo imparato solo di recente – e ancora dobbiamo capirlo meglio – cosa siano un pick and roll, un alley-oop o un dai e vai.

Ce la sentiamo nostra per quanto avvertiamo vicino l’ambiente Dinamo, capace di accostarsi al cuore della Sardegna rappresentandone il più intimo sentimento di appartenenza. Oggi siete voi Giganti lo sponsor più bello per la nostra isola.

Grazie anche al carisma di Meo Sacchetti che se n’è fatto interprete, il lungimirante progetto di Stefano Sardara si è compiuto nella sua totalità in un miracolo: ed è un miracolo imprenditoriale, sociale e culturale. Gigi Datome ha rilevato come “Nei bar della Sardegna si parla di basket, un grande cambio di mentalità”. È vero, ci avete aperto l