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Gli ultras di una squadra di calcio che affrontano i propri giocatori in ritiro, li minacciano di morte e ordinano loro di rifiutarsi di giocare una partita. Se fosse successo in qualche campo di provincia dell'est Europa, o in qualche stadio dell'Africa nera, forse e ingiustamente, non avremmo dato tanto peso a questa notizia.
Ne abbiamo sentito tante volte storie di follia come questa legate allo sport, ma ci son sembrate sempre lontane, troppo lontane per interessarci o poterci distrarre dalla noia di una domenica pomeriggio passata a seguire i risultati del nostro calcio così nobile e ricco, bello e pulito.
Se fosse successo a Teheran o a Bogotà che una squadra di calcio professionista non potesse disputare una partita a causa di pressioni esterne, forse e ingiustamente, avremmo anche ironizzato perché si sa, da quelle parti niente va mai come dovrebbe andare.
Ma questa storia di follia, questa storia di ragazzi costretti a rinnegarsi, costretti a fuggire da un campo di calcio perché intimoriti da pesanti minacce, non si è consumata in Iran o in Colombia, e nemmeno nel cuore dell'Africa nera, si è consumata in Italia. Si è consumata in Campania questa storia, a Salerno, in una città bellissima che si trova nel cuore di una terra magnifica e sulle rive di un mare da incanto, di quelli da cartolina che fanno impazzire gli americani e che noi ormai nemmeno sappiamo amare più abituati come siamo ad averli sotto agli occhi.
Protagonisti della triste giornata i calciatori della Nocerina, che avrebbero dovuto incontrare i padroni di casa della Salernitana nel derby campano di Prima Divisione. Un incontro storicamente difficile dal punto di vista dell'ordine pubblico e, per questo, era stato impedito l'accesso allo stadio alla tifoseria ospite. Un centinaio di pseudo-ultras della Nocerina, avevano così incontrato i giocatori fuori dall'albergo intimando loro con violenza di rifiutarsi di scendere in campo.
A nulla sono valse le rassicurazioni del Questore di Salerno Antonio De Iesu che aveva cercato di tranquillizzare i calciatori i quali, una volta scesi in campo, si sono finti infortunati uno dopo l'altro fino a che, essendo rimasti alla squadra di Nocera solo sei uomini sul terreno di gioco, l'arbitro ha dovuto seguire il regolamento sospendendo la partita.
E' vero, quella terra, quelle città e quei mari sono bellissimi. Eppure nemmeno lì, come in Colombia, le cose vanno mai come dovrebbero andare. Ed è questo il problema. Perché se è potuta accadere una cosa del genere in Italia, a Salerno, se è potuto andare in scena il funerale della coscienza comune, la colpa è nostra che siamo così bravi a chiudere gli occhi.
"Una giornata da dimenticare" ha scritto la Gazzetta dello Sport. Dimenticare? Non sarebbe meglio ricordarla, invece, questa giornata? No, è meglio chiudere gli occhi e dimenticare. E' questo il problema.