Stipendio di 1250 euro al mese? Sei laureati su 10 dicono no. Soddisfatti del corso di studi scelto, così dice il 90,5% contro l'86% del 2013, ma sempre più selettivi sul fronte della ricerca occupazionale, puntando ad attività che siano adeguatamente retribuite e coerenti con la propria parabola formativa. E più che pronti ad andare all'estero dove i compensi sono più alti.

Questo è il profilo dei 'dottori' italiani che emerge dal 26/mo Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati stilato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea e che ha coinvolto circa 660.000 laureati di 78 atenei fotografando la condizione occupazionale a uno, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo. Che, in Italia, sembra ancora 'passare' di padre in figlio.

In base al rapporto "i laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso". Nel 2023, viene evidenziato, "a un anno dal titolo la quota, tra i laureati di primo e di secondo livello, di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1.250 euro è pari al 38,1% e al 32,9%" con un calo sul 2022 "dell'8,9% e del 6,8%".

Sempre a un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta è pari, in media, a 1.384 euro per i laureati di primo livello e a 1.432 euro per quelli di secondo. A 5 anni, invece, a 1.706 euro per i laureati di primo livello e a 1.768 euro per quelli di secondo. Cifre ben diverse rispetto a quello raccolte all'estero che, viene sottolineato, "sono notevolmente superiori: complessivamente, i laureati di secondo livello trasferitisi all'estero percepiscono, a un anno dalla laurea, 2.174 euro mensili netti, un +56,1% rispetto ai 1.393 euro" di chi è rimasto in Italia. A 5 anni dalla laurea, fuori dai confini nazionali la retribuzione è di 2.710 euro; con un +58,7% rispetto ai 1.708 euro italiani.

Alla laurea nel 2023 ci si arriva in media a 25,7 anni (erano 26,6 anni nel 2013); il 60%, di chi la consegue è donna ed è pari al 61,5% la quota di chi chiude gli studi nei tempi previsti: nel 2023, per la prima volta dopo 12 anni, si assiste a un lieve ridimensionamento, pari all'1% sul 2022, della quota di laureati regolari.

Tornando al tema del lavoro, lo studio registra una riduzione del tasso di occupazione di poco superiore all'1% tra i neolaureati: nel dettaglio nel 2023, il tasso di occupazione è risultato pari, a un anno dalla laurea, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 75,7% tra quelli di secondo con un -1,3% e un -1,4 % sul 2022. La forma di lavoro più diffusa tra i laureati occupati a un anno dal titolo, è il contratto a tempo indeterminato (34,9% tra gli occupati di primo livello e 26,5% tra quelli di secondo livello) mentre svolge un'attività in proprio il 10,1% degli occupati di primo livello e l'8,4% di quelli di secondo.

Sul 2022 l'aumento dei contratti a tempo indeterminato è del 3% per i laureati di primo livello e del 3,3% per quelli di secondo. A 5 anni dalla laurea gli assunti a tempo indeterminato sono il 72,7% dei laureati di primo livello e il 52,6% di secondo. Quanto al cosiddetto ascensore sociale, sembra rallentare: "il 31,3% dei laureati nel 2023 ha almeno un genitore con un titolo di studio universitario" contro "il 27,6% del 2013".

Fra i laureati che hanno almeno un genitore laureato, il 20,3% completa gli studi nello stesso ambito "quota che sale al 37,8% tra i laureati magistrali a ciclo unico, ossia all'interno delle lauree che portano più frequentemente alla libera professione raggiungendo il 42,3% tra i laureati del gruppo medico e farmaceutico e il 39,9% in quello giuridico".