PHOTO
Siamo in un paese dell’Ogliastra, metà anni ’50, nel soggiorno-cucina di una modesta casetta su due piani.
A condurci in quel tempo passato e in un preciso momento è un signore che ci racconta come, quando lui era poco più che un bambino, fu testimone di un rito magico-terapeutico volto alla guarigione di un forte mal di testa.
Il testimone ricorda benissimo, la vittima era suo nonno. “Era lì – ci racconta -, supino, in preda a un mal di testa che lo mandava fuori di senno, su una stuoia di asfodelo ingiallito stesa sul pavimento in attesa del ‘medico di famiglia’ ante litteram”.
Il signore parla di una donna che viveva in uno dei vicinati del piccolo paese di circa mille anime. Veniva chiamata soprattutto quando c’era il sospetto che si trattasse di disturbi estranei alla scienza medica, fatto, allora, molto ricorrente.
“Quella del medico – sottolinea l’uomo - era una figura molto lontana in quei piccoli villaggi che erano molto distanti dai centri più grossi, dove lo stesso medico aveva la propria residenza. Accadeva quindi che quando si richiedeva il suo intervento, da immaginarsi le comunicazioni di allora, il malato aveva ormai già un piede sulla tomba. E, infatti, quando poi arrivava il medico, dopo aver percorso su un’auto d’epoca una ventina di chilometri di strada bianca che lo metteva in apprensione, il più delle volte era per redigere il certificato di morte del poveraccio, passato a miglior vita, diremmo oggi, per effetto di un sistema sanitario pressoché inesistente”.
Il nostro testimone ricorda perfettamente l’arrivo di quella donna ‘dei miracoli’: “Arrivò a casa di mio nonno con un incedere ieratico, ma deciso, calmo, ma autorevole, quasi solenne. Era vestita di nero da capo a piedi. In testa la copriva un fazzoletto che nascondeva l’intera figura. Io ero davanti all’ingresso e non appena la vidi mi creò un senso di paura. Sarà perché si intravedevano solo gli occhi. Mi ignorò completamente”.
“Quella donna poteva avere una cinquantina d’anni – continua nel racconto-. Con la mano destra aveva una borsa di media grandezza in pelle nera”.
Giunta all’interno dell’abitazione, si limitò a chiedere alla padrona di casa un asciugamano per coprire il viso del nonno del nostro intervistato.
“Ricordo la stanza in penombra e un silenzio assoluto. Sembrava tutto in una strana armonia con una giornata invernale dal cielo coperto che minacciava la pioggia. La donna si avvicinò al caminetto acceso e dalla sua borsa tolse un attrezzo che si somigliava a una piccola teglia quadrata, retta da un filo di ferro con apposito gancio per poterla tenera. In corrispondenza dei quattro angoli arricciati mise altrettanti fasci di fibre ritorte che accese dopo aver cosparso di olio il fondo della stessa teglia”. (Foto in basso)
Ecco il racconto di quel rito terapeutico avvolto dal mistero: “Con la candela che teneva con la mano destra, la donna si avvicinò a mio nonno e iniziò a percorrerne tutto il suo perimetro corporeo con movimenti lenti e accompagnati da preghiere di rito. Dopo due o tre giri ripetuti, procedette passando da una parte all’altra sull’intera figura e ripetendo più volte il segno della croce. Terminate le preghiere, senza salutare nessuno, con passo deciso andò via nel silenzio”.
L’uomo ha raccontato questo episodio come stesse scorrendo delle immagini ben nitide. Tanto forte è stata la sua memoria per un fatto che lo aveva profondamente colpito.
Dopo quel rito il mal di testa passò? “Di certo non morì per quel mal di testa, ebbe una vita longeva”, si limita a dire, con un largo sorriso, il nostro simpaticissimo testimone.