Il rapimento di Farouk Kassam fu uno dei più noti casi di sequestro di persona avvenuti in Italia. Si consumò in Sardegna il 15 gennaio 1992. Il bimbo, nato il 9 maggio 1984 a Vancouver (Canada), all'epoca aveva 7 anni. La vicenda scosse profondamente l’opinione pubblica, soprattutto per la giovane età della vittima e la brutalità con cui venne trattata.

Il papà di Farouk era Fateh Kassam, albergatore belga di origine indiana che gestiva una struttura turistica a Porto Cervo. Suo nonno, Adjabali Kassam, era stato un visir vicino a Karim Aga Khan, figura fondamentale per la nascita e lo sviluppo della Costa Smeralda.

IL SEQUESTRO

Farouk fu sequestrato nella villa di famiglia a Pantogia (presso Porto Cervo) da una banda di malviventi col volto coperto, fra cui il latitante di Lula Matteo Boe. I genitori e la sorellina furono immobilizzati prima che il bimbo venisse prelevato sparendo nella notte. Il riscatto richiesto per la sua liberazione fu uno dei più alti mai registrati in Sardegna: 5 miliardi e 300 milioni di lire secondo alcune fonti, sebbene la cifra non sia stata ufficialmente confermata in sede processuale.

LA PRIGIONIA

La prigionia, consumatasi in una grotta sul Montalbo di Lula e durata 177 giorni (quasi sei mesi), fu resa ancora più complicata dalla nuova legge anti-sequestri che congelava i beni delle famiglie delle vittime per impedire il pagamento dei riscatti. Questo rese particolarmente difficile la trattativa con i rapitori.

Dopo settimane di stallo, per dimostrare che il bambino era ancora vivo e fare pressione sulla famiglia, i banditi mutilarono la parte superiore dell’orecchio sinistro di Farouk inviando così un macabro messaggio ai genitori. Un atto di crudeltà che sconvolse l’opinione pubblica generando una crescente urgenza di risolvere il caso per gli inquirenti.

In una simile situazione, le relazioni fra gli investigatori e il padre del rapito furono spesso conflittuali. Fateh criticò la lentezza delle indagini, sfidando i sequestratori e attivandosi anche in autonomia per ritrovare il figlio. La madre del bambino, Marion Bleriot Kassam, tre mesi dopo il rapimento si recò a Orgosolo, considerato uno dei paesi simbolo della malavita sardo, rivolgendo un accorato appello alla comunità barbaricina e alle madri del paese affinché il bambino venisse rilasciato.

LA TRATTATIVA

I rapitori si misero in contatto con il quotidiano La Nuova Sardegna attraverso una serie di emissari. Entrarono più volte in contatto con la famiglia Kassam, ma non bastò a sbloccare l'impasse.

La pressione pubblica spinse le istituzioni a cercare soluzioni alternative. I servizi segreti italiani intervennero rilasciando temporaneamente Graziano Mesina, considerato un mediatore capace di trattare con i sequestratori. L'ex primula rossa del banditismo sardo si adoperò per cercare un contatto con i responsabili. Ma prima che Mesina riuscisse a portare a compimento la sua missione, Farouk venne finalmente liberato.

LA LIBERAZIONE

Farouk Kassam fu rilasciato l’11 luglio 1992, in circostanze mai del tutto chiarite. Le forze di polizia smentirono che la liberazione fosse stata ottenuta grazie all’intervento di Mesina, che però aveva preannunciato l'imminente rilascio al giornalista del TG1 Pino Scaccia. Un passaggio che causò tensioni tra media e istituzioni, contribuendo ad alimentare il mistero attorno alla vicenda e il dibattito sul reale ruolo degli inquirenti nel successo dell’operazione.

IL PROCESSO

Le indagini successive portarono all'arresto e al processo per diverse persone coinvolte nel sequestro. Il latitante Matteo Boe fu arrestato alcuni mesi più tardi in Corsica e condannato a 30 anni quale mandante e principale responsabile del rapimento. Boe è tornato in libertà il 25 giugno 2017.

Due suoi compaesani, Ciriaco Marras e Mario Asproni, ritenuti vivandieri e carcerieri di Farouk, furono condannati a 26 anni. Gli altri componenti della banda non sono mai stati individuati.