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Oggi, 5 febbraio, ricorre un anniversario che continua a suscitare dolore e interrogativi: quello del ritrovamento del corpo di Manuela Murgia, la sedicenne di Cagliari scomparsa nel nulla il giorno precedente e trovata morta in fondo a un dirupo nel canyon di Tuvixeddu. La sua storia, a distanza di 30 anni, rimane avvolta nel mistero. La versione ufficiale parla di suicidio, ma la famiglia non ha mai accettato questa spiegazione, continuando a battersi per riaprire le indagini e ottenere finalmente risposte.
Cosa accadde a Manuela Murgia?
Il 4 febbraio 1995, Manuela esce di casa e di lei si perde ogni traccia. Il giorno successivo, il 5 febbraio, una telefonata anonima alla Polizia indica dove trovare il suo corpo. Viene rinvenuta in fondo a un dirupo a Tuvixeddu, uno dei luoghi più impervi della città. Sin da subito, la sua morte viene catalogata come suicidio, ipotesi basata sulla dinamica della caduta.
Ma la famiglia ha sempre nutrito forti dubbi. Manuela non aveva mai mostrato segnali di disagio tali da far pensare a un gesto estremo. E poi c’era quella telefonata anonima: chi sapeva dove si trovava il corpo? E perché nessuno ha mai indagato su questo aspetto?
Le domande irrisolte della famiglia
Negli anni, i familiari di Manuela hanno raccolto una serie di elementi che, secondo loro, smentirebbero la versione ufficiale:
- Le ferite sul corpo non sarebbero compatibili con una caduta accidentale. Secondo la famiglia, i traumi riscontrati non giustificano l’ipotesi del suicidio.
- Le scarpe di Manuela erano pulite, nonostante fosse precipitata in un dirupo fangoso. Un dettaglio che, secondo i familiari, suggerisce che potrebbe essere stata gettata lì quando era già priva di vita.
- La telefonata anonima: chi ha chiamato per indicare il punto esatto del ritrovamento? Come faceva quella persona a sapere dove si trovava il corpo?
La richiesta di riaprire il caso e la risposta della Procura
Nel 2024, dopo quasi tre decenni di dolore e silenzio, la famiglia di Manuela ha chiesto formalmente alla Procura di Cagliari di riaprire le indagini, presentando nuove prove e testimonianze. La richiesta si basava su elementi emersi da analisi difensive, che avrebbero potuto ribaltare la versione ufficiale.
Tuttavia, nel luglio 2024, la Procura ha respinto la richiesta, giudicando insufficienti gli elementi presentati. Una decisione che ha lasciato sgomenti i parenti della ragazza, che hanno espresso tutta la loro delusione: “Manuela merita giustizia. Non ci fermeremo finché non sapremo la verità.”
Un caso che non può essere dimenticato
A 30 anni dalla sua morte, il nome di Manuela Murgia continua a riecheggiare nelle battaglie della sua famiglia e nelle domande che ancora oggi non trovano risposta.
Il dolore dei suoi cari non è solo per la sua perdita, ma anche per una giustizia che sembra irraggiungibile. La speranza è che, nonostante il rifiuto della Procura, qualcuno possa ancora parlare, un testimone possa farsi avanti, e che la verità su cosa accadde davvero quel giorno non resti per sempre sepolta nel silenzio.