Si riaccende l'attenzione sulla vicenda del Moby Prince, il più grande disastro della storia della marina mercantile italiana. La Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze ha richiesto infatti l'archiviazione dell'inchiesta sul tragico incidente avvenuto il 10 aprile 1991, in cui persero la vita 140 persone.

Una posizione che ha suscitato reazioni contrastanti, in particolare tra i familiari delle vittime, che esprimono sconcerto e delusione per la possibilità che il caso venga chiuso senza ulteriori approfondimenti. Durante un'audizione davanti alla commissione d'inchiesta della Camera, il procuratore di Livorno ha presentato una ricostruzione degli eventi che ha sollevato dubbi e critiche, soprattutto da parte dei parenti delle vittime, i quali ritengono che alcune circostanze citate sembravano ormai smentite e superate.

UNA TRAGEDIA SENZA GIUSTIZIA

Il 10 aprile 1991, al largo del porto di Livorno, il traghetto della compagnia Nav.Ar.Ma, condotto dal comandante Ugo Chessa e diretto a Olbia, entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, provocando un incendio devastante che costò la vita a 140 persone tra passeggeri ed equipaggio. Solo una persona sopravvisse.

La dinamica dell'incidente

Poco dopo le 22, il Moby Prince lasciò il porto di Livorno in condizioni apparentemente normali. Tuttavia, pochi minuti dopo la partenza, il traghetto entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, che si trovava ancorata in rada. L'impatto squarciò i serbatoi della petroliera, provocando un'immediata fuoriuscita di greggio che prese fuoco, avvolgendo il traghetto in una nube di fiamme e fumo tossico.

A lungo si è parlato della presenza di una fitta nebbia come causa della collisione, ma numerose testimonianze hanno successivamente smentito questa ipotesi, sollevando dubbi sulla reale dinamica dell'incidente.

I soccorsi mancati

Uno degli aspetti più controversi della tragedia riguarda i soccorsi. Le prime squadre di emergenza si concentrarono infatti esclusivamente sulla petroliera, ignorando per oltre un'ora la situazione del Moby Prince. Molti dei passeggeri e membri dell'equipaggio, inizialmente sopravvissuti all'impatto, persero la vita a causa del ritardo nei soccorsi e dell'intossicazione da fumo.

Negli anni, le inchieste hanno evidenziato gravi lacune nei sistemi di emergenza, con comunicazioni radio confuse e decisioni tardive che hanno condannato a morte quasi tutti coloro che si trovavano a bordo del traghetto.

Le inchieste e le ombre mai dissipate

Le indagini ufficiali si sono protratte per decenni senza mai fornire risposte definitive. La prima inchiesta, conclusasi nel 1997, attribuì l'incidente a un errore umano dell'equipaggio del Moby Prince, sostenendo che la plancia di comando fosse distratta dalla visione di una partita di calcio, la semifinale di Coppa delle Coppe fra Barcellona e Juventus. Questa conclusione, mai realmente confermata, fu comunque fortemente contestata dai familiari delle vittime, che denunciarono depistaggi e mancanza di approfondimento su altri possibili scenari.

Negli anni successivi sono emerse nuove ipotesi: la presenza di traffici illeciti nel porto di Livorno, la possibilità che l'Agip Abruzzo trasportasse un carico non dichiarato e la teoria di un'esplosione a bordo della petroliera prima della collisione. Nel 2017, una commissione parlamentare d'inchiesta ha stabilito che il traghetto navigava con il radar spento e che la petroliera si trovava in una posizione diversa da quella dichiarata, alimentando ulteriori sospetti.

Una ferita ancora aperta

A oltre trent'anni dalla tragedia, il caso del Moby Prince rimane avvolto nel mistero. I familiari delle vittime continuano a chiedere verità e giustizia, opponendosi alle richieste di archiviazione e chiedendo nuove indagini. Le recenti dichiarazioni della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze, che ha chiesto la chiusura del caso, hanno così suscitato nuova indignazione riaccendendo il dibattito su una delle pagine più oscure della storia italiana.

Il Moby Prince non è solo un tragico incidente, ma un simbolo di verità negate e domande senza risposta. E finché giustizia non sarà fatta, il ricordo di quella notte continuerà a pesare come un'ombra sulla coscienza collettiva del Paese.