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Sono 211mila i sardi recatisi presso i banchetti e gli uffici allestiti per la raccolta firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare "Pratobello '24". Un progetto, volto a tutelare il territorio isolano dalla speculazione energetica, che ha diviso l'opinione pubblica creando dibattiti talvolta aspri e incontrando comunque il favore di un esercito di sottoscrittori.
Un risultato straordinario che ha certificato un ampio interesse per la questione da parte dei cittadini, che hanno costituito comitati spontanei in tutti i territori della Sardegna e a petizione terminata hanno passato la palla nelle mani della Regione.
TODDE: «NO A SCORCIATOIE»
La governatrice Alessandra Todde, registrato l'esito della raccolta firme, ha chiarito in maniera netta la propria posizione chiudendo a ogni possibile accelerazione burocratica. «Non ci possono essere scorciatoie nella misura in cui devono essere verificate le firme — ha spiegato la presidente —. Comandini (presidente del Consiglio regionale, ndr) ha detto che seguirà un iter ordinario, come deve essere».
«Non si può pensare che le leggi predisposte da Giunta e Consiglio, deputati per Statuto a farlo, passino attraverso le commissioni e invece una legge così importante e di iniziativa popolare segua delle scorciatoie». Pratobello '24, aggiunge l'esponente del Campo largo «si deve soprattutto confrontare con una legge già esistente che viene sviluppata in questo momento e che è quella delle aree idonee, che va assolutamente nella stessa direzione». Todde ha ricordato poi che il ddl della Giunta era stato già presentato in Consiglio e ha cominciato il suo iter nelle commissioni. «In queste settimane ho incontrato tante persone e ho raccolto la paura e la preoccupazione di chi ha firmato questa iniziativa di legge popolare. La questione è distinguere il ruolo delle istituzioni: chi propone una legge di iniziativa popolare mostra chiaramente delle paure e la preoccupazione di voler difendere in questo caso il proprio territorio. Ma le istituzioni devono fare le istituzioni. Siamo stati legittimamente eletti, anche come legislatori, e quindi dobbiamo portare a termine il compito che ci è stato assegnato dai cittadini durante le elezioni».
IL MALCOLTENTO DEI COMITATI
Una posizione che ha fatto storcere il naso ai numerosi comitati nati in Sardegna per sostenere il "no" all'eolico selvaggio, che hanno istituito un presidio a oltranza sotto i portici del Consiglio regionale in via Roma a Cagliari. L'avvocato Michele Zuddas, referente della Rete Pratobello '24, ha annunciato lo sciopero della fame. Lo abbiamo intervistato.
Perché ha scelto una forma di protesta così forte?
«Il mio sciopero della fame, così come il presidio attivati nei giorni scorsi, nasce con l'intenzione di comunicare al Consiglio regionale, alla presidente, ai capigruppo e alla Giunta che noi continuiamo a vigilare sull'iter della legge Pratobello finché non verrà calendarizzata la discussione della legge».
Cosa ha scatenato la vostra reazione?
«Abbiamo consegnato le firme il 2 ottobre. L'iter, a quel punto, poteva seguire due strade: la procedura d'urgenza con la legge portata direttamente in Consiglio regionale per la discussione in aula, o l'iter ordinario che prevede il passaggio nelle commissioni coinvolte prima dell'approdo in aula. Nel primo caso, eventuali modifiche e l'approvazione o bocciatura della legge avvengono alla luce del sole in aula. La seconda ipotesi, invece, renderebbe meno trasparente eventuali variazioni sulla legge stessa sottraendole alla valutazione da parte dei sottoscrittori e dell'opinione pubblica».
La strada scelta dalla Regione è stata la seconda.
«Sì, col rischio che la legge venga snaturata e privata della sua efficacia contro la speculazione energetica. Questo è quello che dicono alcuni esponenti della maggioranza quando affermano che è loro intenzione integrare la legge Aree Idonee con alcuni aspetti della legge Pratobello. A quel punto, sostengono, non sarebbe più necessaria l'approvazione della seconda perché la prima garantirebbe la medesima tutela».
Non è il risultato auspicato dagli oltre duecentomila sottoscrittori.
«Assolutamente no. Io provocatoriamente ho suggerito di fare il contrario: che la legge Pratobello venga integrata con alcuni aspetti condivisibili della legge Aree Idonee. Bisogna scegliere fra due diversi modi di fare politica: uno è quello di vederla come punto di raccolta delle istanze che arrivano dal popolo, l'altro invece la vede come semplice esercizio e gestione del potere».
Il numero di firme raccolte è inedito in Sardegna, vi aspettavate questa risposta?
«In proporzione, è come se una legge di iniziativa popolare nazionale raccogliesse 8 milioni di firme. È un fenomeno che non si è mai visto in Sardegna, ma probabilmente nemmeno in Europa. Non è un movimento estemporaneo, ma qualcosa di molto più strutturato: un atto politico che supera le divisioni ideologiche o partitiche presenti in Consiglio regionale. Un'ampia fetta dell'elettorato isolano chiede che venga esaminata quella legge. Significa che può anche essere bocciata, ma questo deve avvenire in Consiglio regionale, dove i consiglieri si assumerebbero le proprie responsabilità di fronte ai sottoscrittori».
Un eventuale bocciatura come verrebbe accolta dalla vostra Rete?
«Sarebbe uno schiaffo nei confronti della democrazia, perché la legge di iniziativa popolare è una delle più alte manifestazioni e rappresentazioni della partecipazione politica attiva. Di fronte a un esercizio di questo livello, cercare di liquidare la Pratobello sostenendo che lo stesso obiettivo verrebbe raggiunto con un'altra legge è politicamente sbagliato e giuridicamente scorretto».
Todde ha ricordato che il compito di legiferare spetta alla Regione, non ai comitati.
«Affermare che il potere legislativo appartiene al Consiglio regionale mi sembra un po' sbrigativo, banale e forse anche irrispettoso. Se dovessimo argomentare meglio, il potere legislativo rimane in capo al popolo che lo delega temporaneamente al Consiglio regionale, mantenendo la prerogativa di presentare leggi di iniziativa popolare».
Quando si parla di iter ordinario che tempistiche si prevedono?
«Non è chiaro. La discussione all'interno delle commissioni non ha un limite di tempo. Proprio questo è l'allarme che lanciamo facendo pressione politica sui consiglieri e la Giunta. Percepiamo questa battaglia come urgente e pretendiamo che vengano comunicati tempi certi e non passi l'idea che questa legge possa essere emendata al fine di disinnescarne l'efficacia».
Avviando lo sciopero della fame in uno scenario così incerto, non ha paura di essersi imbarcato in una sfida difficile da portare avanti?
«Penso che proprio in questi momenti siano necessarie delle azioni forti. Dove si vede il tentativo di insabbiare, fare ostruzionismo e dilatare i tempi, è necessario farsi sentire. Se non ci fosse questo timore, evidentemente, non sarebbe servito lo sciopero della fame».
Ha avuto modo di confrontarsi faccia a faccia con la governatrice?
«Avrei avuto piacere di confrontarmi per capire il perché di questa opposizione da parte della presidente che, rappresentando un'istituzione, non può assumere posizioni da capo politico o da capogruppo all'interno del Consiglio regionale. Posso comprendere che manifesti un giudizio negativo nei confronti di una legge, ma intanto il rappresentante delle istituzioni dovrebbe garantirne l'esame in tempi certi. Si tratta di rispettare chi l'ha sottoscritta. Nel momento in cui invece si pone come principale antagonista, sta uscendo gravemente dal suo ruolo istituzionale e si sta contrapponendo anche ai propri elettori, molti dei quali hanno firmato».
Che sentimento si respira fra i manifestanti?
«C'è tanta rabbia per quello che sta accadendo dopo esserci mobilitati democraticamente e pacificamente. Riceviamo un atteggiamento politicamente violento, perché si passa dall'indifferenza alla concreta opposizione. Proprio questa posizione da parte della presidente e della Regione ha reso il movimento molto più coeso e determinato ad andare avanti».
Confida ancora nel successo della vostra iniziativa?
«La preoccupazione è che i giochi siano già stati decisi fuori dal Consiglio regionale, che ci siano altri interessi in gioco ben più importanti delle nostre iniziative. Fa ben sperare che alcuni politici proprio della maggioranza sembrano avere posizioni un po' più miti e democratiche. Mi riferisco, per esempio, a una delle affermazioni fatte da Roberto Deriu in un'intervista su Repubblica, dove parla appunto di "democrazia energetica" e fa un timido accenno alle necessità che le parti non dovrebbero diventare controparti. Spero che si apra una strada verso il confronto serio e rispettoso».