Quarto posto a Rio, bronzo a Tokyo, argento a Parigi. È la progressione olimpica del canottiere azzurro Stefano Oppo, Gruppo Sportivo Carabinieri, 30 anni, oristanese di nascita. Nell’ultimo decennio è entrato di diritto nell’album dei momenti più belli della storia dello sport italiano, remando fra trionfi e medaglie che gli hanno permesso di ritagliarsi un posto nel cuore dei tifosi di tutte le età.

Il sorriso da bravo ragazzo e i modi garbati nascondono un’insospettabile grinta, che gli ha consentito di lasciare casa a 16 anni e affrontare con successo tre anni di accademia federale a Piediluco (Terni) sotto la guida del maestro Agostino Abbagnale, mostro sacro del canottaggio italiano (tre ori olimpici a Seul, Atlanta e Sidney).

Una scuola che ha trasformato il ragazzino che si allenava nelle acque di Torregrande in un campione capace di fare a “spallate” con i più grandi vogatori del mondo. Oro ai Mondiali, agli Europei e ai Giochi del Mediterraneo e la determinazione di riuscire ad affrontare per tre edizioni di seguito le acque olimpiche, adattandosi di volta in volta a barche, categorie, remi e compagni differenti. Adesso sogna Los Angeles 2028, il compimento di una carriera straordinaria che ci ha raccontato con emozione e orgolio.

Come stai vivendo questo inizio di 2025?

‭«Per me il 2024 è stato un anno fantastico, ma dopo le Olimpiadi ho avuto bisogno di staccare e riposarmi un po', mi sono dedicato allo studio. Dovevo rimettermi in corsa perché nel 2024 non ero riuscito a stare al pasto con gli esami. Ho in progetto di laurearmi entro settembre‭».

Dal punto di vista sportivo quali sono le attività in campo?

‭«Sto riprendendo ad allenarmi. Nel mondo del canottaggio sono cambiate un po’ di cose dal punto di vista tecnico e federale, mi aspetta una bella sfida‭».

Come si arriva da Oristano all’élite del canottaggio italiano?

‭«Dopo un primo tentativo di giocare a calcio (al primo allenamento mi beccai una pallonata in pancia), a 9 anni, seguendo le orme di mio fratello, decisi di iscrivermi al Circolo Nautico di Oristano. È nato come un divertimento‭».

Dove ti allenavi?

‭«Nel mare di Torregrande. E questa è una prima difficoltà che mi ha temprato, perché solitamente il canottaggio si pratica su specchi d’acqua piatti (laghi o fiumi)‭».

A 16 anni sei andato via di casa.

‭«In terza superiore ho provato un bando della Federazione Canottaggio e sono partito per il centro federale sul lago di Piediluco, in Umbria. Ho superato i test psicofisici, che misurano non tanto il valore dei giovani atleti, quanto la progressione che possono compiere in prospettiva. Così sono entrato a far parte della scuola di Agostino Abbagnale. Ho vissuto lì per tre anni‭».

Il nome di Agostino Abbagnale fa tremare le gambe a un giovane canottiere?

‭«È stato un grande mentore. Insieme all’altro mio allenatore, Vittorio Altobelli, sono delle colonne del nostro mondo e ancora oggi seguono la squadra nazionale‭».

Cosa hai provato quando hai capito che stavi entrando in una realtà di primo livello?

‭«All'inizio non sapevo bene a cosa stessi andando incontro. In Sardegna c’è tanta passione, ma il mondo del canottaggio deve crescere. Una volta fuori, mi sono reso conto di cosa significasse vogare alto livello. Ci si preparava in modo diverso e molto più intenso, cambiavano le metodologie. Da fare cinque o sei allenamenti a settimana in Sardegna, a Piediluco ne facevamo dieci: prima di andare a scuola e nel pomeriggio‭».

È stata dura rimanere lì?

‭«Mi sono reso conto che non bastava esserci per emergere: bisognava esserci al cento per cento. Ho fatto tre anni di college nazionale e sono passati da noi una quindicina di ragazzi: siamo andati avanti in quattro‭».

Qual è stato il momento in cui hai sofferto di più?

‭«Il primo anno fu tutto una sorpresa, quindi tenni duro. Il secondo ressi, il terzo fu davvero pesante, perché la nostra vita sociale di ragazzi era veramente a zero. A 18 anni non avevo il tempo nemmeno di uscire con gli amici. Però poi pensavo all’obiettivo, che avevo ben chiaro‭».

Una vita quasi militare…

‭«Rispetto a quella degli altri coetanei sicuramente sì. Tant'è che quel college ora è stato chiuso. Nessun giovane sarebbe stato più disposto ad accettare quello stile di vita, era una concezione ormai superata‭».

In quel periodo è arrivata la prima chiamata in nazionale.

‭«Sì, e la prima vittoria all’Europeo juniores nel 2011‭».

Un grande successo, ma poi l’allenatore ti ha lasciato a casa in vista dei Mondiali.

‭«L’ho presa malissimo, ero convinto di essermi meritato quella convocazione. Eppure, penso che mi sia servito, mi ha dato tanta carica per l’anno successivo. Sono partito con piglio deciso, riuscendo ad affermarmi e lavorare ancora meglio. Nel 2012 abbiamo vinto Europeo e Mondiale‭».

Quando hai capito che potevi realmente vivere di sport?

‭«Due momenti. Mondiale 2012: ero alla fine della categoria juniores e non sapevo se potesse essere la mia strada, quando sono stato convocato ho capito che forse potevo puntare tutto sul canottaggio. Poi la chiamata in Nazionale Olimpica nel 2013. Mi ero appena iscritto all'università, ma mi sono trovato a un bivio e ho deciso di lasciare gli studi per dare tutto alla carriera sportiva‭».

Oggi si parla spesso di atleti che portano avanti percorsi di studio, quando hai iniziato tu era più difficile?

‭«Sono cambiate molte cose rispetto a qualche anno fa. C'è più apertura da entrambe le parti. Oggi le federazioni sono più morbide rispetto alla possibilità per gli atleti di lasciare i raduni per sostenere gli esami, ma anche le università ci mettono maggiormente nelle condizioni di poter seguire le lezioni da casa. Questo nel 2013 era impensabile‭».

Come sei diventato carabiniere?

‭«Dopo l’ingresso in Nazionale Olimpica, nel 2014 è arrivata la possibilità di entrare nel Gruppo Sportivo Forestale, che poi è diventato Carabinieri. Entrare nelle forze dell’ordine mi ha garantito la libertà economica di poter dare tutto per quell'obiettivo e, soprattutto, mi ha permesso di contare su un sistema organizzato. Il centro sportivo di Sabaudia è all'avanguardia, con uno staff, barche, strutture dotate di tutto quello che serve per prepararci al meglio‭».

Rio 2016, la tua prima Olimpiade.

‭«Siamo arrivati quarti, sembrava un risultato bellissimo. Dopo un po' di tempo, però, ho realizzato che qualche rimpianto c'era. Quando arrivi così vicino alla medaglia, poi ti piace prenderla‭».

Cosa si prova ad essere lì?

‭«Ho capito la grandezza di quell’evento solo una volta arrivato in partenza per la prima batteria di qualificazione. Capisci che sei in un contesto più grande di quanto potessi immaginare, è stato incredibile. Poi la vita nel villaggio olimpico, con gli altri atleti, una situazione unica‭».

C'è un'immagine legata alla soddisfazione dei tuoi genitori rispetto a quello che stavi costruendo?

‭«Mi hanno sempre seguito. È stato un grande dispiacere che non siano potuti venire né a Rio (era difficile organizzarsi), né a Tokyo (causa Covid). Il momento più bello per la nostra famiglia è stata l'Olimpiade di Parigi, dove finalmente sono riusciti a raggiungermi‭».

A un certo punto della tua carriera passi dal 4 senza al 2 di coppia. Perché?

‭«È stato un passaggio obbligato perché, dopo Rio 2016, il 4 senza pesi leggeri è stato tolto dal programma olimpico. In previsione di Tokyo, rimaneva solo il doppio. La competizione, così, è aumentata esponenzialmente: se per il 2016 eravamo in dieci per sei posti, nel 2021, lo stesso numero di atleti concorreva per due soli posti e soprattutto per una remata diversa, con difficoltà tecniche completamente nuove‭».

Come ti sei adattato?

‭«Inizialmente è stata dura, ma per me non era un’esperienza inedita. A Oristano sono cresciuto con due remi. Probabilmente ha contato il progresso in Sardegna. La coordinazione e i movimenti che acquisisci da piccolo, col tempo, è facile ritrovarli‭».

Del bronzo di Tokyo cosa ricordi?

‭«Con Pietro Ruta eravamo partiti per provare a ottenere il risultato migliore. Poi, la sera prima della finale, è subentrato un altro aspetto mentale, per me difficile da gestire. Avevo paura di mancare nuovamente la medaglia e arrivare nuovamente quarto‭».

È andata bene.

‭«Sì, se si riguarda la nostra gara, si percepisce che inizialmente proviamo a stare con i primi due, poi perdiamo qualcosa e allora la sfida diventa un'altra: difendere il bronzo. Controlliamo che i quarti rimangano dietro‭».

A Parigi è stato argento. Al di là del valore della medaglia, quale fra le ultime due finali olimpiche ti ha emozionato di più?

‭«Sono state entrambe particolari. Tutti si aspettavano da noi la medaglia e questo ti mette pressione. A Tokyo eravamo convinti di farcela, a Parigi volevamo ancora provare a vincere, ti senti quasi in dovere di farlo. Poi è stato un grande argento, ma l’adrenalina incredibile è stata quella di attendere l’ufficialità del photofinish sugli schermi‭».

Dopo aver vinto l’argento, quando hai incontrato la tua famiglia?

‭«Io mi sono dovuto fermare quasi tre ore per i controlli antidoping. Ho rivisto i miei e la mia fidanzata Camilla la sera. Ricordo gli abbracci e l’emozione fortissima, sono momenti che non si possono dimenticare‭».

Fra gli emergenti azzurri di oggi, su chi punteresti di più?

‭«I due ragazzi pesi leggeri, Gabriel Soares e Niels Torre, possono essere due grandi promesse per il futuro. Ma in realtà tutta la squadra è promettente‭».

Quarto posto a Rio, terzo a Tokyo, secondo a Parigi. Per Los Angeles che intenzioni hai?

‭«Mi aspetta una nuova grande avventura, e non sarà facile. Come dopo Rio è stato tolto il quattro senza, adesso è stato solto il doppio pesi leggeri. Quindi dovrei cambiare categoria e andare a gareggiare contro i pesanti. Il mio peso medio è 70-72 kg e andrei contro atleti di 90-100 kg. Dovrei mettere su massa e arrivare almeno a 77-78 kg. Farò un po’ di calcoli e valutazioni per capire quale strada intraprendere e se c’è spazio per tentarci‭».

Sarebbe la degna chiusura di una carriera importantissima.

‭«Sarebbe il coronamento di un percorso che mi ha già dato tante soddisfazioni. Los Angeles sarebbe il mio ultimo grande sogno da atleta‭».