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Quando Gesù viene chiamato l’Agnello di Dio, ci si riferisce al sacrificio perfetto e finale per il peccato, all’espiazione dei peccati del suo popolo.
Ho letto che il sacrificio di agnelli aveva un ruolo molto importante nella vita religiosa: “l’uccisione dell’agnello Pasquale e l’applicazione del sangue sugli stipiti della porta delle case è un’immagine bellissima dell’opera espiatrice di Gesù sulla croce. Coloro per i quali Lui è morto, sono coperti dal suo sangue e protetti dall’angelo di morte (spirituale)”.
Michela Vittoria Brambilla non lo sa, altrimenti avrebbe fatto una sua Crociata anche contro la Chiesa e i suoi insegnamenti.
Lodevole il suo amore per gli animali, li amo anche io e credo che episodi come quello accaduto di recente in Sardegna, di un cane trascinato e ucciso senza un briciolo di pietà, non sia piaciuto a nessuno.
Condanna senza appello!
…ma anche il suo appello, signora Brambilla, non può rimanere senza una condanna.
A tutto c’è un limite, anche alla decenza che molto spesso ci ripara dal ridicolo.
Quello che invece ci fa diventare improvvisamente seri è non capire quanto lei e altri che le fanno il coro, siate consapevoli del difficile momento che stanno attraversando migliaia di famiglie che l’agnello a tavola non se lo possono nemmeno permettere.
Tutti pronti a parlare della crisi che colpisce e avvilisce, per poi accanirsi contro categorie di lavoratori, mi riferisco a quelli che ancora un lavoro ce l’hanno e che faticano ad alzare la schiena nella speranza di non doversi accasciare.
E’ il caso degli allevatori sardi (e non solo sardi!), che lei vorrebbe mutilare con una proposta di legge insensata che nasce nei salotti che profumano di rosa, tra ceramiche di lusso e quadri d’autore.
La Sardegna vive sul rispetto di un’economia che è parte della sua storia e della sua cultura.
Il nostro sistema economico è basato su un comparto produttivo che tutela la qualità dei prodotti e non solo perché ce lo comanda la normativa.
Parlare di “barbarie” e di “strage” significa fare del terrorismo psicologico con le parole, che nel suo caso vorrebbero incatenare il buon senso e il lavoro, senza il quale, mi creda, il rispetto verso tutto viene meno.
Le reazioni alle sue parole si nutrono di insofferenza e questo non fa crescere l’amore per gli animali.
L’antipatia che suscita il suo atteggiamento paradossalmente aizza, istiga, alimenta odio.
Come lei sa l’animale, quando è ferito, è più pericoloso. Come l’uomo che fatica a sopravvivere e che battaglie come la sua avviliscono.
“La coscienza degli animali” siamo noi, che abbiamo il naturale obbligo di rispettarli, amandoli, senza che nessuno ce lo insegni, senza che qualcuno si erga a difensore di diritti che dalle mie parti sono la naturale estensione di noi stessi.
Mangiare la carne non è un “oltraggio al mondo animale” e se ogni anno sulle tavole degli italiani finiscono 7 milioni di agnelli e capretti significa che un po’ di economia è ancora in circolo, in un sistema che chi governa, come lei dovrebbe fare, in realtà mortifica.
Essere vegetariani è una scelta, come anche non esserlo: non spetta a lei stabilirlo per legge.