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Ogni giorno sale senza arrestarsi il numero degli italiani che si barcamenano tra la scelta di investire i propri risparmi o attendere tempi migliori scegliendo strategie più conservative. È ancor più frequente, invece, la discussione sulla tipologia di investimento, e con l’avvento delle nuove tecnologie la “sfida a distanza” è tra due elementi tanto diversi tra loro: gli ETF e i fondi comuni.
Differenze sostanziali, pregi e difetti di due capisaldi della cultura finanziaria moderna, due “panieri” personalizzabili con titoli differenti “aiutati” dai device mobili per avvicinare ulteriormente il vasto mondo della finanza agli investitori.
Entrando però nel dettaglio, emerge però una natura tecnica totalmente differente. L’ETF consente infatti al risparmiatore di puntare una parte dei propri fondi su una serie di titoli che si raggruppano in un indice. L’ingresso negli indici è però successivo alla capitalizzazione dei titoli. Se è quindi il successo o il momento negativo di un titolo a determinarne l’entrata in un indice, potremmo definire l’ETF come uno strumento che indossa i panni dello stesso risparmiatore. Con il fondo comune di investimento il panorama cambia radicalmente, visto che le “azioni” strategiche passano tra le mani dei gestori del fondo stesso, che devono saper bilanciare i profitti nei momenti positivi con le debolezze dei momenti di perdita.
Inoltre, sussiste un particolare differente nell’operatività di gestione. Poiché il guadagno del gestore di un fondo comune dipende dall’esito del fondo, quest’ultimo sarà favorito dalle condizioni naturali del rapporto di lavoro a dare il massimo. La discriminante è però sottesa anche a tre fattori da non sottovalutare: il grado di fiducia e di informazione in possesso del risparmiatore e la furbizia del gestore stesso nel non eccedere nelle commissioni. Al contrario, il compito del gestore di un Exchange Traded Fund è quello di mantenere il prodotto finanziario quanto più simile ad un indice di riferimento, perdendo gli obblighi di un’amministrazione win-win e lasciando le scelte tra le mani di chi dispone del denaro.
A tutto vantaggio degli ETF anche un’azione più “continua”, votata al real time. Chi investe in questi fondi può negoziare in tempo reale: un pregio per alcuni, un grande difetto per altri. Al contrario, i fondi comuni sono immodificabili per qualche giorno lavorativo, ostacolo però che non inficia in maniera considerevole il guadagno, visto che solitamente chi acquista un fondo mira ad un guadagno sul lungo periodo. A livello di prezzo, poi, la differenza è abissale. Se si parla di fondi comuni, il prezzo d’acquisto e di vendita – il cosiddetto NAV – è invariato, mentre l’ETF si sottopone ai “rischi” e alle “turbolenze del mercato finanziario. In considerazione della natura totalmente differente dei due “panieri”, non è quindi possibile valutare e pesare i costi di fondi comuni ed ETF, poiché nel primo caso si coprono con un'unica percentuale annuale costi di gestione e la consulenza, mentre nel secondo caso l’assenza della componente consulenziale influisce sul contenimento della quota trattenuta.
Se quindi il mantra dell’investitore, come accade sempre più spesso, è fatto di efficienza, diversificazione e trasparenza, il risultato della sfida finanziaria tra ETF e fondi comuni d’investimento può terminare in un sostanziale pareggio. Molto dipende anche da indole e carattere dell’investitore, che però sia in un caso che nell’altro non può certo permettersi di non vigilare sulla corretta evoluzione del suo patrimonio, nella ricerca della soluzione migliore per ottimizzarlo e proteggerlo dalle influenze del mercato.