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È il giorno della Festa di Sant’Antonio da Padova, diventata per empatia col territorioSantu Antoni ‘e Mullò, l’omonima e dolce collina ricamata da lussureggianti filari di vigne che declinano soavemente e si distendono in un ampio respiro verso la pianura.
Sulla sommità, è adagiata la piccola e antica chiesa campestre, circondata a sua volta da una ridente macchia mediterranea che si concentra attorno al tempio con alti e vigorosi arbusti di lentischio che sembrano essere essi stessi felici di ospitare all’ombra delle loro chiome i banchetti luculliani di un giorno tanto atteso. Sono alberi sempreverdi, eterni come il sorriso, testimoni silenziosi di un tempo che fu. E sono lì ad aspettarci, tutti gli anni, po sa Festa ‘e Sant’Antoni e ad accogliere i tanti visitatori in un sito bellissimo quale è oggi il parco naturalistico di Mullò.
Il tempio, una struttura sobria, semplice e umile che risale ai secoli XVI-XVII, è addobbata dal giorno precedente per accogliere la sera, con tutti gli onori, il Santo degli agricoltori e dei pastori, dei vignaioli e di tutta la comunità in trasferta – compresi i tantissimi che lavorano lontano dal paese, ma che non vogliono mancare all’annuale appuntamento - per vivere tre giorni di gioia, come da tradizione che si perde nei secoli, tra fede e prelibatezze autoctone.
I vini – sì, quelli di Triei, che nel ‘600, ma non è una leggenda, approdavano persino in Vaticano - e le carni col sapore di una volta, i formaggi e i prodotti genuini dei campi, i canti e le danze offrono puntualmente un affresco romantico e gioioso di una storia millenaria.
Al centro di questa idilliaca quanto sempre viva raffigurazione, i riti religiosi del 9, 10 e 11 agosto. Ecco, dunque, che venerdì, sabato e domenica scorsi si è ritornati gli antichi fasti. Tutte le celebrazioni liturgiche e le processioni sono state accompagnate dai suoni e da una voce che arrivano anch’essi da tempi lontani. Altri due elementi identitari di vita familiare e comunitaria ereditati con il succedersi delle generazioni ed espressione di valori che hanno reso gli stessi suoni e la stessa voce inconfondibili, proprio perché appartenenti, possiamo dire, a un preciso codice genetico. Che dà luogo alle pulsazioni da cui il bambino è plasmato quando ancora è nel grembo materno.
La splendida quanto versatile e rievocativa voce di Manuela Mameli, cantante ancor prima di nascere, e i suoni millenari delle launeddas di Dante e Roberto Tangianu, eredi delle coinvolgenti e forti sonorità de is bisones del nonno e bisnonno Raffaele Loi, hanno risuonato leggeri e soavi anche fuori dal tempio, dando ai riti religiosi quella continuità spirituale comune alle persone care che non ci sono più e che perennemente sono presenti nei nostri cuori. Tutti gli anni a Mullò ci sono anche loro.
Durante i tre giorni di festa, insieme alle launeddas, nelle processioni e nei goccius in onore di Sant’Antonio, hanno fatto sentire la loro bella e importante presenza anche l’organetto di Francesco Orrù e Alfio Incollu. Da tempo, ormai, è uno strumento (così come la fisarmonica) che ha trovato unanime condivisione e accoglienza pure nell’ambito delle funzioni religiose.
Sa Festa ‘e Sant’Antoni ci riporta al passato per vivere il presente con l’entusiasmo di sempre. Quest’anno, per la cura della parte religiosa, è stata la volta dei fedales del ’74, in collaborazione don Mariano, amministratore parrocchiale, coadiuvato don Damiano. Ha presenziato alle funzioni liturgiche, insieme agli innumerevoli fedeli, anche la Sindaca di Triei, dott.ssa Anna Assunta Chironi. I festeggiamenti civili sono stati organizzati da un comitato di giovani, coordinati dalla Proloco e, in particolare, dal suo presidente, Romolo Cabiddu.