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La Ropi, (Rete Oncologica Pazienti Italia), ha fotografato i centri a più alto volume di attività chirurgica oncologica in Italia e dai dati è emerso un forte gap regionale: nelle Regioni settentrionali si garantisce il superamento dei volumi soglia per gli interventi su tutte, o quasi tutte, le 17 patologie oncologiche considerate. Al Sud, invece, solo 3 Regioni si avvicinano a coprire tutte le principali patologie nella top ten nazionale, e sono: Sicilia, Campania e Puglia.
In particolare, la mappa della Ropi indica per il tumore alla mammella l'Humanitas di Misterbianco, Catania (8/o posto con 739 interventi), nel polmone il Monaldi di Napoli (10/o posto con 281 interventi), nel colon-retto il Policlinico di Bari e l'Ospedale Panico di Tricase, Lecce (4/o e 9/o posto con 301 e 179 interventi), nella prostata l'Ospedale Miulli di Acquaviva D.F., Bari (6/o posto con 305 interventi). Per quanto riguarda il tumore dello stomaco, la classifica fa emergere l'assenza di strutture del Sud nelle prime 10 posizioni. Questo, afferma Fabrizio Nicolis, consigliere Ropi e coordinatore del progetto, "non significa affatto che al Sud non ci siano per tutte le patologie centri che operano oltre la soglia prevista. Ma resta un dato indicativo del permanere di una differenza rilevante a livello regionale".
Lo studio evidenzia anche gli effetti dell'emergenza Covid sulle cure oncologiche: nel 2020 infatti si registra un drastico calo degli interventi chirurgici oncologici, dalle 204.380 operazioni nel 2019 si è passati a 186.122 interventi nel 2020. Nel 2021 il numero è in ripresa con 199.871 interventi totali.
Le cure contro il cancro però hanno visto anche risultati importanti dal punto di vista della ricerca. Come riportato dall'Adnkronos, l'applicazione clinica della RLT sta riscuotendo particolare interesse – riporta l’articolo - riguardo le neoplasie neuroendocrine (Net). Attualmente è approvata per i tumori neuroendocrini gastro-entero-pancreatici (Gep-Net). Questi tumori, quando ben differenziati, esprimono sulla superficie delle loro membrane cellulare i recettori per la somatostatina. I loro corrispettivi analoghi, prodotti chimicamente possono essere marcati con il Gallio 68 per le finalità diagnostiche e con il Lutezio 177 (177Lu) per scopo terapeutico aventi alta affinità. I risultati fin qui ottenuti sono molto interessanti. La RLT si è dimostrata efficace nel limitare la progressione di malattia riducendone il rischio delll’82%.
La ricerca nel campo della RLT è molto attiva sia per ampliare le applicazioni terapeutiche dei radiofarmaci già disponibili, sia per validarne di nuove. Basti pensare, ad esempio, alle opportunità offerte dal177Lu-PSMA nell’ambito del trattamento del tumore della prostata. Nei pazienti con carcinoma prostatico metastatico progressivo, resistente alla castrazione, i risultati dello studio di fase III condotto con 177Lu-PSMA in associazione a terapia di derivazione androgenica e il miglior standard di cura (Bsoc) ha mostrato una riduzione del 38% del rischio di morte e una riduzione statisticamente significativa (-60%) del rischio di progressione radiografica della malattia o di morte (rPfs), rispetto al solo Bsoc. Circa un terzo (30%) dei pazienti con malattia valutabile al basale ha dimostrato una risposta obiettiva, rispetto al 2% nel braccio di controllo, con solo Bsoc, aprendo nuove prospettive in termini di cura per un tumore e non solo.
La maggiore appropriatezza ed efficacia della RLT necessita di discussioni multidisciplinari che coinvolgano team di esperti nei quali lo specialista in Medicina nucleare ha un ruolo importante, sia nella diagnosi e caratterizzare della malattia, sia nella successiva gestione terapeutica. Una gestione che prevede un sistema capace di rispondere ai requisiti di legge in tema di radioprotezione, ma capace anche di rispondere alle nuove opportunità di cura in diversi ambiti terapeutici.