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A volte sogno di tornare a quella spensieratezza che avevo 10 anni fa, quando ancora studiavo all'università. Quella tenera ingenuità che mi permetteva di credere in quel che facevo, di pensare che studiare avrebbe davvero avuto un senso, che quell'impegno sarebbe stato apprezzato nel mondo del lavoro.
Quella spensieratezza che mi ha permesso di investire i miei risparmi di lavoretti temporanei e di aiuto nell’hotel di famiglia per viaggiare, osservare, studiare ancora e approfondire. Perché in quella stupida ingenuità pensavo che tutto questo avrebbe realmente avuto un valore.
E lo ha. Ma poi crescendo capisci che la realtà è ben diversa che ci sono persone che ricoprono incarichi senza avere ne arte ne parte, che la meritocrazia non esiste se non hai un calcio in culo, perché non basta quello che sai fare e il contributo che puoi dare se non rientri tra gli eletti a cui viene dato il lasciapassare.
Vorrei tornare a quella spensieratezza che mi faceva credere che il sapere e il saper fare insieme avrebbero vinto sul fare da improvvisazione e che mi faceva credere che questo territorio avesse bisogno di cervelli che restano piuttosto che di cervelli che fuggono.
Vorrei rivivere per qualche istante quella ‘spensieratezza’ quando il problema maggiore era quello ambire ad un 30 e lode e ignoravo che un giorno mi sarei interfacciata con persone che ricoprono incarichi pubblici che in realtà non hanno le competenze neanche per valutare e capire ma che stanno là, inamovibili, e per chissà quale diritto come lo è una piramide in Egitto. E tu non puoi fare niente se non rassegnarti al fatto che ‘è il sistema’.
Ebbene oggi vedo che tante persone che in quegli anni credevano come me nell’importanza della conoscenza e dello studio sono in fila per un posto di lavoro in un fast food e mi piange il cuore perché mi sento una di loro. Auguro alla generazione che ci ha preceduto di provare quello che ci hanno lasciato in eredità: il senso di frustrazione.
Mi chiedo se abbiate ancora il coraggio di dirci che dobbiamo impegnarci, studiare e credere in qualcosa. Ma voglio credere che una speranza ancora ci sia.
Se è vero che si può risalire solo dopo aver toccato il fondo allora fermatevi un attimo e dateci una mano. Se non volete aver rimorsi per quello che ci avete lasciato in eredità aiutateci a smantellare un sistema corrotto che troppo spesso (per fortuna non sempre) premia l’ignoranza a scapito della sapienza.
Aiutateci a far si che la macchina pubblica funzioni come una qualsiasi azienda privata che va avanti solo se tutti coloro che ci lavorano sono competenti e la sanno far funzionare. Aiutarci far si che coloro che dovrebbero rappresentare il volere dei cittadini e prendono le decisioni nei centri di potere oltre ad essere realmente competenti e validi siano anche mossi da una reale paura di sbagliare dietro la quale ci sia anche un vero bisogno di guadagnarsi il pane piuttosto che le spalle coperte di lusinghe e privilegi a prescindere.
Privilegi che spetterebbero solo a coloro che realmente offrono un servizio alla collettività.
Aiutateci a smantellare quell’arroganza estrema di chi non ha ne arte ne parte ma non cosciente di essere pagato con soldi pubblici si arroga il diritto di porsi al di sopra del cittadino stesso.
Aiutateci a credere che pagare le tasse e i contributi abbia un senso che non sia anche quello di sottrarre ad alcuni per arricchire i pensionati d’oro.
Aiutateci a non aver più quella paura che ci avete trasmesso di fare l’unica cosa che ci resta: esprimere il nostro pensiero e la nostra delusione. Aiutateci a credere che possiamo ancora fare una cosa che, per fortuna, non è tassata: sognare di realizzarci.