È morto con il cranio spaccato, in un letto dell'ospedale Santissima Annunziata di Sassari, dopo un disperato intervento chirurgico che non è riuscito a salvargli la vita. A fracassare la testa di Graziano Piana, detenuto sassarese di 54 anni, noto con il soprannome "Scaldabagno", mentre era rinchiuso nel carcere di Bancali, è stato, martedì notte, il suo compagno di cella.

Un ragazzo di 27 anni, residente ad Austis, piccolo comune della provincia di Nuoro, arrivato nell'istituto penitenziario di Sassari, poco prima dell'aggressione. Secondo i riscontri della Polizia penitenziaria che sta svolgendo le indagini, Piana non ha avuto nemmeno il tempo di difendersi. Sarebbe stato colto di sorpresa, nel sonno. Gli agenti penitenziari si sono subito resi conto della gravità delle ferite e Piana è stato trasportato al Pronto soccorso.

Nella notte i medici lo hanno anche sottoposto a un intervento alla testa, ma senza ottenere i risultati sperati. Il 54enne ha cessato di vivere nel primo pomeriggio. Sconosciuto al momento il motivo dell'aggressione e di tanta ferocia. Del presunto aggressore si sa che stava seguendo un percorso in un centro di riabilitazione nel sud Sardegna. Da qui era riuscito a scappare più volte ed era stato messo agli arresti domiciliari. Martedì notte era stato arrestato per ubriachezza e maltrattamenti in famiglia e portato a Bancali e messo in cella con Piana.

Ora, rinchiuso in una cella di isolamento, è accusato di omicidio. A rendere pubblica l'aggressione è stato il il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), che ha parlato di una "notte di terrore" a Bancali.

"Quanto accaduto deve necessariamente far riflettere per individuare soluzioni a breve ed evitare che la Polizia penitenziaria sia continuo bersaglio di situazioni di grave stress e grande disagio durante l'espletamento del proprio servizio", hanno dichiarato Antonio Cannas, delegato nazionale per la Sardegna del Sappe, e Donato Capece, segretario generale del sindacato, che hanno anche annunciato una protesta in piazza a Roma a settembre.

"Chiediamo l'uso degli scudi protettivi e caschi come deterrenti e a protezione dei poliziotti penitenziari. Se il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Carlo Renoldi non è in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane e alla tutela degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria deve avere la dignità di dimettersi".