L'Inghilterra giusto ieri l'altro, per scongiurare la cosiddetta Brexit, è riuscita ad ottenere concessioni particolari che le permetteranno una maggiore autonomia rispetto alle istituzioni europee.

L'Austria dal canto suo, pur illegittimamente secondo la Commissione Europea,  decide per un turn over degli ingressi per i migranti. Mentre Macedonia, Ungheria, Slovacchia e in generale i paesi dell'est Europa, schermiscono con Renzi, il quale vorrebbe togliere loro i finanziamenti UE se non si convinceranno ad accogliere le loro quote del fiume umano che fugge dalle violenze dell'ISIS.

Era il 1924, quando il conte Richard Coudenhove-Kalergi dava vita all'Unione Paneuropea, nell'intento di raggiungere l'unificazione dei paesi del vecchio continente, al fine di preservarla dalla minaccia dell'Unione Sovietica e dalla dominazione economica degli Stati Uniti.

Ma la storiografia, scritta da quella nota parte politica che si è appropriata della nostra cultura attraverso la vittoria sul fascismo, ha sempre ricordato solo i fautori del “manifesto di Ventotene”.

Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941 erano confinati nell'isoletta delle Pontine perché considerati nemici del fascismo. E' allora che i tre redigono il manifesto “per un Europa libera e unita”, con il quale volevano garantire la pace tra i paesi del vecchio continente giungendo ad una nuova entità dotata di un proprio esercito, una moneta unica ed un unità politica che, nella loro concezione, garantisse “una pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire in cui diventi possibile l'unità politica dell'intero globo”.

E' evidente che l'idea dei tre antifascisti era e resta decisamente utopica, ma è pur vero che all'epoca l'esperienza terribile delle due guerre e del corollario della bomba atomica, costrinse i “grandi pensatori” a pensare ad una soluzione meno belligerante possibile.

Fu l'opera di Jean Monnet, insieme alle idee di grandi statisti come Shuman, Adenauer e De Gasperi, oltre al famoso discorso di Churchill, a realizzare quel modello sostenibile di Europa unita. Un modello che ancora oggi rincorriamo, anche se con continui stop e successive ripartenze che hanno caratterizzato quell'idea di Unione, definita a geometria variabile per i suoi continui adattamenti alle esigenze culturali dei vari nazionalismi. 

Dopo il trattato di Maastricht del 1992, con il quale nasce l'Unione Europea che ingloba CEE, CECA ed URATOM, nel 2004 l'ennesima, ma più importante frenata al processo di integrazione  ferma la ratifica della Carta Costituzionale europea.

Riaffiorarono tutte le idee nazionaliste ed anti-europeiste che portarono all'aborto di Lisbona nel 2007.  Un trattato che facendo un passo indietro, cancella con un colpo di spugna la Costituzione e il Ministro degli esteri europeo e ancora oggi determina quel funzionamento dell'Unione considerato anomalo da diversi economisti e costituzionalisti di fama mondiale d'oltre oceano. 

Il modello prescelto erano gli Stati Uniti d'America con una costituzione, la prima di tipo moderno, unica per tutti. Le tasse sono decise dal Congresso, cosi come sicurezza, diritto penale ma soprattutto moneta e politica economica sono materie di competenza federale.

Anche L'Unione Indiana ha scelto quella strada e funziona. Risulta essere la più grande democrazia al mondo, con 22 stati al suo interno che si occupano di tante materie, tranne che di quelle fondamentali per evitare diseguaglianze.

L'Europa no. Lei per ora non c'è l'ha fatta. Ha creato un sistema che non è ne carne, ne pesce, con una moneta unica utilizzata solo in 19 paesi su 28, titoli di stato emessi ognuno per conto proprio, con garanzie diverse e conseguente affidabilità che oscilla attraverso il terribile e famigerato spreed.