Esattamente un anno fa, l'11 febbraio 2013, il figlio del commissario Ratzinger, comunicava al mondo la sua decisione di lasciare il soglio pontificio.

Una decisione sofferta? Può darsi, chi può saperlo. Certo è che un tale evento ha una portata decisamente storica per la vita della chiesa. L'ultimo papa dimissionario era vissuto 700 anni prima e le cronache di allora, su facebook non lasciarono traccia. Oggi invece l'interesse, la partecipazione, la condivisione ha diviso il mondo cattolico e non solo quello.

Qualcuno ha difeso la scelta, sostenendo che essa porta dentro l'amore infinito per la chiesa. Altri invece, come il cardinale polacco Dziwisz  sostenne allora che: “dalla croce non si scende”. Per alcuni un capo deve poter detenere anche il potere di lasciare quando la sua presenza è scomoda, oppure quando non è più in grado di gestire il ruolo che gli è stato affidato, responsabilità incluse. Per altri invece un vero leader, soprattutto spirituale, si spinge ben oltre la sua stessa volontà. Nel caso di un papa il connubio con Dio dovrebbe permettergli di oltrepassare il confine della sua volontà perché il signore cosi ha deciso. Questo fece per esempio Wojtyla, che pur vecchio e soprattutto malato continuò a stare in sella.

Ma ognuno di noi del resto ha il carattere che Dio stesso gli ha voluto assegnare: da RE, da studioso, da operaio o impiegato, da spirito libero o da soldato, senza che per questo nessuno si possa permettere di giudicarci.

Ecco! Qua sta la differenza: papa Benedetto XVI resterà comunque nella storia, per il gesto che ha compiuto e anche solo per essere stato il titolare della cattedra Pietrina, ma Giovanni Paolo II e Francesco, resteranno nella storia per aver cambiato il mondo il primo e per aver cercato di farlo il secondo (per ora......).