Quella dell'Italia è la fisionomia di un Paese bellissimo, assimilabile a quello di una donna di eguali fattezze, ma con il fisico purtroppo fiaccato, per almeno 3/4, dal male finora incurabile chiamato mafia, camorra, ndrangheta, corruzione, evasione fiscale e via dicendo.

Le condizioni ci sarebbero per curarsi da tanto e profondo malessere. Però, fino a che l'ego di ciascuno, espresso spesso in modo distruttivo è letale, prevarrà sulle intelligenza che pure non ci manca, continueremo a presentarci a noi stessi e al resto del mondo sempre meno belli e irrimediabilmente più soli.

Di fronte a un simile stato di fatto, si può solo tirare a campare, per i più, mentre sogni e speranze sono proibiti, in particolare per i giovani, che si trovano al cospetto di un presente che non dà loro risposte e di un avvenire di cui non si intravedono contorni.

Chi, tra i nostri governati, attuali o potenziali, ci vuole dire o far credere il contrario, è un illuso oppure in mala fede. Ovviamente, conoscendo l'indole prevalente dei nostri rappresentanti politici, la seconda ipotesi è la più accreditata.

E allora, anche se noi, aggrappandoci all'ultima speranza, decidessimo ora di dare fiducia a partiti immeritevoli o movimenti neofiti di turno, come si può pensare o credere che in una società malata, di certo per responsabilità di tutti, essi siano i demiurghi di nuovo conio capaci di rivoltare lo stivale come un calzino per dare nuovi e sani connotati al Paese?

Dunque, attenzione e prudenza e rispetto ai cambiamenti che non tengano conto della realtà in cui la nostra Italia riversa. Tanta smania di cambiare può peggiorare le cose. Il che non vuole dire non decidere o rassegnarsi, perché migliorare si può, sempre. A condizione, però, che si riparta, riflettendo su responsabilità e colpe di ciascuno di noi, da ciò che di buono ci è ancora rimasto.

La strada, in vista di una ripresa politica, economica, ma innanzitutto morale, sarà lunga e tortuosa, considerati i ritardi generazionali da troppo tempo trasformatisi in una scure dagli effetti letali, in particolare, sulle fasce più deboli della società.        

Il segreto, ma è un modo di dire, per venirne fuori é quello vecchio quanto lo stesso mondo in cui viviamo: il rispetto dell'uomo verso il prossimo, perché tutti insieme, con pari dignità e nel segno di una solidarietà senza limiti e confini, si affrontino le precarietà che già di per sé sono una costante ineluttabile della condizione umana.