L'immagine di Matteo Renzi con il mattarello in mano, che minaccia i grandi elettori dal gradino più alto degli scranni di Montecitorio, ben si presta a comunicare il quadro reale dell'odierna elezione per il futuro Presidente della Repubblica. Il cavaliere errante di Arcore ci ha provato ad alzare la cresta. Nella sua ribellione ha pure tentato una mediazione li sul Nazzareno, ma si è beccato sul finale una mattarellata che l'ha mandato al tappetto.

Tramontato lo spauracchio di un nuovo dittatore incarnato dal Berlusca, ora pare presentarsene un altro ben più subdolo, perché vestito con l'abito di chi dovrebbe rubare ai ricchi per donare ai poveri. Berlusconi perlomeno, senza una maschera difendeva i suoi interessi. Enormi interessi, ma suoi. La cosiddetta legge Mammì, pomo della discordia, è solo la punta dell'iceberg di un odio profondo che ha caratterizzato questo ultimo ventennio.

Quell'ex giudice costituzionale, che sarà probabilmente il nuovo inquilino del colle, espresse orrore e forte sdegno per l'ingresso di Forza Italia nel Partito Popolare Europeo. Quasi fossero entrate, nella sede del partito, le camice nere con i manganelli per costringerlo all'iscrizione. E non piuttosto perché quel dipinto d'odio, che ha diviso l'Italia per questi lunghi venti anni, sia solo frutto del rifiuto di una vera democrazia.

Quella per cui a volte si perde, a volte si vince. Quella per cui un vero garante della costituzione deve essere super partes e non sempre e comunque espressione di una sola parte politica. Piaccia o non piaccia, Berlusconi è stato eletto democraticamente senza nessuna marcia su Roma, e come tale ancora oggi rappresenta una grossa fetta del popolo italiano, più di quanto lo possa fare l'ex sindaco di Firenze mai eletto da nessuno, se non dal suo partito.

 

Se due più due fa quattro dunque, il sistema parlamentare falsa ancora quella che è la volontà popolare. Ma rappresenta da sempre (e oggi avremo l'ennesima conferma) la volontà dei partiti. Insieme a questa  vengono in rilievo le poltrone del potere, gli accordi di palazzo e gli interessi di chi li finanzia e li sostiene. Per evitare che il nome vergato sia originato dunque dai soliti accordi “questo a me quello a te”, il rilancio di un sistema presidenziale comporterebbe oltre ché un risparmio per le casse statali (del Quirinale non si conoscono ancora i costi effettivi), un maggiore rispetto dell'espressione di democrazia data dalla partecipazione dei cittadini. Un rispetto che oggi si sta dando solo ad una parte di elettori: quelli che per vent'anni hanno campato attaccando il Caimano o quelli che oggi, se pur inconsapevolmente, contribuiscono all'ascesa di un “dittatore” travestito da Robin Hood...