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L'ISIS, acronimo di Stato Islamico dell'Iraq e della Siria, nasce sotto l'egida di Al Qaeda con a capo Al Zarqawi il quale sino al 2006, anno della sua morte, è uomo di fiducia di Bin Laden per il controllo dell'Iraq. Il suo successore avrà vita breve, nel 2010 viene sostituito dall'attuale leader indiscusso Abu Bakr Al Baghdadi. Su quest'ultimo pende una taglia da 10 milioni di dollari e un passato da terrorista e da detenuto in carceri americane.
A quanto pare anche gli ultimi eventi lo ritraggono come un personaggio non proprio mite, col vizietto delle decapitazioni ai danni di giornalisti che osano raccontare gli orrori perpetrati su chi non si converte alla “sua fede”.
Ma ciò che più colpisce nel segno degli animi internazionali è la sua conquista di pozzi petroliferi, giacimenti di gas, centrali elettriche e da ultimo anche banche nazionali con relativo caveau zeppo di lingotti d'oro. Infatti, come spesso accade, i cosiddetti “animi internazionali” si commuovono difronte alle torture, alle violenze o agli stupri ma non si muovono sinché non si tocca il loro portafoglio.
Cosi va il mondo!! Assistiamo ad una rappresentazione dell'animo umano incline ad ascoltare il richiamo del portafoglio molto più che quello del cuore. Bianchi, neri, gialli, cristiani, ebrei o musulmani che siano, quando si tratta di soldi e potere dall'altro orecchio proprio non ci sentono. Diventano all'occorrenza degli estremisti che cavalcano le onde di malcontento oppure questa o quella fede delle masse, accendendo gli animi nella loro pseudo rivalsa, per condurli alla violenza su altri uomini, donne o anche bambini, rei soltanto di non appartenere alla loro cerchia o perché rappresentano un ostacolo ai loro fini.
Nel caso di Al Baghdadi il pretesto è la guerra santa dell'Islam, per Stalin e Tito era il comunismo, per Hitler il nazionalismo, ma sempre di potere si trattava e di conseguenza di tintinnante “dinero”. Molto “dinero”!!!
L'Imam Yahya, vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana, intervistato dal Corriere della Sera, spiega che l'annuncio della nascita del califfato da parte del leader dell'ISIS è una parodia ormai anacronistica anche per i più sapienti teologi musulmani. Per tutti abolita ai primi del '900, quella del califfato è una proclamazione ritenuta illegittima, oltre che piuttosto ridicola, perché a dire degli esperti Al Baghdadi non ha certo i titoli per ricoprire la carica di Califfo ed ancor meno quelli per fregiarsi del titolo di successore di Maometto.
Anche l'imam di Milano Abdullah Tchina prende le distanze dall'ex terrorista di Al Qaeda “da quegli atti irresponsabili che danneggiano l'immagine della nostra religione”, mentre i giuristi egiziani sostengono che lo stato islamico è piuttosto una banda di criminali incalliti ed organizzati. Per gli Sciiti poi, costretti all'angolo dall'odierno IS, è impossibile un riconoscimento per il non blasonato Al Baghdadi, poiché per loro concezione il Califfo deve necessariamente essere un discendente diretto di Alì, genero di Maometto.
Secondo la metafora di As -Sahfì-ih, fondatore della scuola Sciafiita, quella tra le 4 scuole di pensiero islamiche più tradizionalista, l'islam è come un grosso albero sostenuto da 4 radici: Il Corano, la Sunnah, il consenso della comunità e l'analogia. Il Corano, lo sappiamo tutti, è il testo sacro per eccellenza. Esso riporta i dettami di Allah scritti dal profeta e seguiti da tutti gli islamici di qualsiasi scuola di pensiero.
Le prime divisioni iniziano con la Sunnah. La quale divide i Sunniti, che sono circa il 92% dei musulmani, dagli Sciiti che non la riconoscono come fonte. Riporta le gesta compiute da Maometto quando era in vita, le quali consistevano nelle soluzioni che lui scodellava sulle controversie tra i beduini del deserto arabo.
Le altre due fonti non sono scritte ma basate su una frase del profeta: “la mia comunità non