C’è un luogo in cui è possibile stare in quel che si fa e fare quel che si sogna. Filippo Martinez il suo “atrove” lo ha provvisoriamente trovato nell’Università di Aristan, e più precisamente nella Facoltà di Scienze della Felicità che ha fondato da tempo. Un’idea fantastica e geniale. Tra i docenti che hanno tenuto lezioni durante il Corso di laurea in Teoria e Tecniche di Salvezza dell’Umanità, che sta per giungere a conclusione, figura anche una delle più grandi interpreti della canzone italiana: Ornella Vanoni.

La cantante milanese è arrivata a Cagliari in compagnia di Ernico Fiori, uno dei suoi fraterni amici e figura di spicco del Gruppo Folk “Città di Oristano”.

Avrebbe dovuto parlare solo di “Idiozia e canzoni” ma il suo intervento è andato ben oltre, attraversando i ricordi di una vita intensa e straordinaria.

<<La musica per me è volare via, andare via, sentirmi vivere. La musica è la cosa che amo di più al mondo, è la vita. Ho vissuto tutti i periodi meravigliosi della musica: sono stata una donna molto fortunata>>

Il suo lungo monologo ha toccato i momenti più significativi della sua storia personale, di una carriera che non ha eguali e che non può prescindere dalla storia di un mondo, quello musicale, di cui continua ad essere una protagonista assoluta.

<<Io ho vissuto un’epoca meravigliosa: Gli Anni Sessanta erano stupendi perché c’era cultura e si leggeva. Il Piccolo teatro di Milano rappresentava il centro culturale e Roma era bellissima, si poteva andare in giro. Tutto era molto bello. Prima c’era stata la guerra e dopo la guerra è sempre tutto molto bello. Perché si è vivi. Io ricordo ancora le sirene e la gente che scappava. Il papà che mi si buttava addosso per non essere colpita dagli spezzoni che le bombe sprigionavano. Quando è finita la guerra e siamo tornati tutti a casa eravamo molto felici. Anche la musica in quegli anni era divertente, più gioiosa. Rifletteva lo stato d’animo delle persone>>.

Arriva la stagione dei cantautori e l’artista, che non voleva continuare a fare Teatro ma cantare, incontra Gino Paoli, Bruno Lauzi, Luigi Tenco, i Fratelli Reverberi e soprattutto il più grande produttore che l’Italia ha avuto: Sergio Bardotti.

<<In Teatro non sono mai riuscita a “inventare” perché dovevo ripartire dal pensiero dell’autore, mentre con la musica che aggiunge valore alle parole posso permettermi di fare quello che voglio e a seconda dell’umore. A me è sempre piaciuto visitare il mondo degli altri ed essere visitata. Sergio Bardotti questo lo aveva capito bene. Era talmente colto, talmente intelligente che adesso uno così non lavorerebbe più. Aveva passione e belle intuizioni. Decise di affiancare me, una cantante classica, al complesso dei New Trolls