Il livello di risposta immunologica, anticorpale e cellulare, nei pazienti fragili è influenzato dal numero di dosi vaccinali, dal tipo di patologia e dal trattamento farmacologico: dopo due dosi, è del 62%, una percentuale più bassa nei pazienti onco-ematologici e in quelli con patologie immuno-degenerative, e comunque inferiore a quanto osservato nella popolazione sana (100%).

La terza dose booster aumenta la risposta in tutti i gruppi, anche se in modo minore in quelli con tumori ematologici. Lo rileva una ricerca finanziata dal Ministero della Salute a 13 Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico, coordinata dall'Istituto dei Tumori di Milano insieme all'Humanitas, allo Spallanzani di Roma e all'Irccs di Reggio Emilia, per sviluppare una strategia per ridurre infezioni e complicanze da Covid nei pazienti fragili.

"Dopo cinque mesi di lavoro e l'osservazione di oltre 600 pazienti abbiamo confermato che è necessaria ed essenziale la terza dose per potenziare la risposta immunologica e ridurre rischi di infezioni e complicanze" ha spiegato il Direttore Scientifico dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Giovanni Apolone.

I risultati di due articoli prodotti dal gruppo di ricercatori, in particolare Chiara Agrati, Paolo Corradini, Nicola Silvestris e Maria Rescigno, suggeriscono infatti che 'questo è particolarmente vero in alcune malattie, tra le quali quelle onco-ematologiche, e per i pazienti che hanno ricevuto trattamenti antitumorali con grande impatto sul sistema immunitario'. I punti di forza dello studio, Vax4Frail, sono stati l'inclusione di 4 patologie diverse, l'utilizzo di un protocollo comune condiviso e una centralizzazione delle valutazioni immunologiche, condotte presso l'IRCCS Spallanzani di Roma.

"Per i pazienti fragili non responsivi, questa ricerca pone il problema di una quarta dose", ha aggiunto il direttore scientifico di Humanitas, Alberto Mantovani . "Vax4Frail è la prova di come una rete di istituti di ricerca può organizzare in tempi brevi uno studio che produce risultati scientificamente validi e utili per prendere decisioni in ambito sanitario", ha concluso Massimo Costantini, coordinatore dello studio.