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Saranno otto i candidati alla Presidenza della Regione Sardegna: dopo Ines Pisano (Sardegna di Ines Pisano), Mauro Pili (Sardi Liberi), Massimo Zedda (centrosinistra), Francesco Desogus (M5s), Christian Solinas (centrodestra), Andrea Murgia (Autodeterminazione) e Paolo Maninchedda (PdS), ha deciso di scendere in campo lo scrittore e giornalista Vindice Lecis, candidato Governatore per Sinistra Sarda.
Per quale motivo ha deciso di candidarsi?
«Io non pensavo alla candidatura, sono sempre stato un uomo di sinistra, appartenente alla storia vecchia e antica del Partito Comunista, della Sinistra Italiana, ma faccio un altro mestiere. Di fronte al fatto che in Sardegna c’è un partito dominante che è il Partito Democratico, che ha occupato sistematicamente tutti i posti di potere e di sottogoverno, e ha fatto scelte devastanti in particolare sulla Sanità, ed è stato inetto di fronte alla crisi economica e, non solo, non ha seguito questioni devastanti come quella dei trasporti esterni e, addirittura, quelli interni. Per questo mi è sembrato giusto accettare la proposta di Sinistra sarda. Noi siamo contro il Pd, come siamo allo stesso tempo contro l’avanzata della destra sarda e italiana. Noi vogliamo costruire un’alternativa di Sinistra. Basta con le solite minestre riscaldate. Se si guardano le liste che stanno facendo i partiti di governo della Regione Sardegna, sono le stesse persone che hanno messo la Sardegna in ginocchio. Siamo diventati marginali, l’autonomia sarda è stata completamente svilita. Solo adesso il Presidente Pigliaru si ricorda che siamo una Regione Autonoma, solo adesso si ricorda di fare un pochino la voce grossa, ma rimase zitto quando c’era il governo amico di Renzi. Non ha mai detto niente. Io penso che sia il caso di impegnarsi per la propria collettività, cercando di dare un contributo di idee, di proposte, di programmi, di persone. So benissimo che è una battaglia estremamente difficile perché la Sinistra deve ritornare a sventolare le proprie bandiere che sono quelle portate dai ceti più umili, dai lavoratori, dai disoccupati, dai precari. Il nostro voto sardo è anche un voto contro politiche dissennate e nazionali che hanno impoverito i cittadini italiani. Il Jobs Act, per esempio, è stato devastante, la scuola è stata sfasciata completamente dalle riforme di Renzi e così via. Se si accetta passivamente l’idea che noi, per fare qualsiasi cosa, dobbiamo avere il pareggio di bilancio, non avremo mai investimenti nella sanità, nella sicurezza, nell’istruzione, nei trasporti. Tutto deve essere il pareggio di bilancio. Questa è la scelta criminale dell’austerità che ci ha distrutto».
Quali saranno i suoi obiettivi prioritari in questa campagna elettorale?
Mobilitare quante persone possibili su alcune idee-forza:, lo sviluppo della Sardegna che passa attraverso una cosa sola: certo aiutando l’iniziativa privata, ma con un massiccio piano di investimenti pubblici. Il bilancio regionale va riguardato, insieme alle altre forze politiche e ai tecnici, perché dobbiamo riorientarlo per la costruzione di occasioni di lavoro. Faccio un esempio: il riassetto idrogeologico della Sardegna è urgente. Quello vuol dire avere cantieri, rafforzare tutte le iniziative di lavoro piccole ed episodiche che sono state messe in pista in questi anni e che hanno dimostrato di essere quasi delle mance elettorali. L’altro obiettivo è smantellare la riforma sanitaria voluta da Arru, dal Pd e da Pigliaru, che ha ci sta portando a una maggiore sofferenza e a un impoverimento dei Servizi. Nata come giusta lotta allo spreco, si sta dimostrando invece come una decisione ragionieristica sui costi. La Sanità è un costo, ma è un costo per i cittadini. Noi dobbiamo garantire una Sanità pubblica e di qualità. Mi ha fatto indispettire quando alcuni giorni fa, l’Assessore Arru ha dichiarato che saranno abbattute le liste d’attesa. Ma noi lo sappiamo che cosa vuol dire avere una lista d’attesa di un anno per una gastroscopia, per non parlare di cose ben più gravi. Questi sono i punti. Noi saremo una Sinistra in campo. Fremo vedere i sorci verdi al cosiddetto Centrosinistra che ha distrutto la Sinistra italiana, ma anche alla destra perché è pericolosa, legata al mondo affaristico. Noi parliamo anche a nome dei lavoratori e dei disoccupati sardi. Non consentiremo che venga rivarata una legge urbanistica come quella che è stata poi ritirata da Pigliaru. Noi non vogliamo il cemento sulle coste. Noi vogliamo la salvaguardia del territorio, che la Sardegna giochi un ruolo primario sulle energie, aprire un tavolo di confronto con il governo nazionale sulla questione dell’energia e del metano. Noi non abbiamo preclusioni ideologiche sul metano. Noi siamo l’unica regione che non ha metano. Dobbiamo porci il problema di come fare per farlo arrivare in Sardegna, studiando delle soluzioni accanto alla questione importante delle energie rinnovabili».
Con chi stringerete un’alleanza?
Noi di Sinistra Sarda siamo gruppi di partiti: Partito Comunista, Rifondazione Comunista ed esponenti della Sinistra che sono usciti da Sinistra italiana e le atre personalità che stiamo cercando. Puntiamo ad entrare in Consiglio regionale, come già siamo entrati nel 2014 con Sinistra Sarda, ma allora c’era il Centrosinistra Era un’altra cosa. Adesso, invece, il Centrosinistra è solo una funzione scenica, un imbroglio. Noi siamo da soli e cercheremo di entrare in Consiglio regionale dove cercheremo di rappresentare le voci dei territori, quanto più possibile: i problemi del lavoro, l’energia, le miniere, i trasporti, mettere insieme tutte le iniziative poste in atto per evitare lo spopolamento dei paesi e che sono piccole, ma importantissime. Ogni paese sta cercando di fare la sua. Serve una strategia coordinata perché se non c’è lavoro non si potrà fare nulla. Noi vogliamo un turismo di qualità, ma anche di massa. Non possiamo distruggere il bene prezioso per il quale le persone vengono in Sardegna: la natura, l’ambiente, le coste, le zone interne, le nostre montagne. Noi siamo sempre sul chi vive perché dietro c’è sempre il grande affare. Noi vogliamo rappresentare la Sinistra diffusa, quella che non si rassegna a diventare una piccola colonia europea e che vuole dire la sua nello scenario, non solo battendo i pugni sul tavolo. In questi anni l’autonomia regionale è stata svilita. Non abbiamo fatto pesare neanche la nostra insularità. Un disastro. Noi siamo alternativi ai progressisti di Zedda, che sono il paravento del Pd e alla destra, intesa non solo come quella classica, ma anche i Cinque Stelle. Faremo la nostra battaglia».