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Da bambino impazzivo per quasi tutti i fumetti: Topolino, Paperino, ma anche Tex, Zagor o Mister No. Ma il personaggio che maggiormente attraeva la mia simpatia era il mitico Zio Paperone. Quel simpatico vecchio “riccastro”, che pur detenendo incalcolabili ricchezze, era nel contempo talmente taccagno che spendere anche un solo dollaro equivaleva per lui alla massima disperazione.
Ogni spesa corrispondeva a fiumi di lacrime incontenibili, che non cessavano sinché il fido maggiordomo non provvedeva con i famosi sali. Passeggiava nel parco per raccattare i vecchi giornali abbandonati, perché per lui, anche la spesa più esigua significava dilapidare il patrimonio.
Pochi giorni fa il ministro francese, Sapin, gridava al mondo la ribellione del suo governo al rigore dell'Unione Europea. Annunciando che la Francia non avrebbe rispettato, per i prossimi 3 anni, il tetto sul rapporto deficit/Pil previsto in sede comunitaria. La reazione tedesca ovviamente non si è fatta attendere, considerato che è proprio la Germania, insieme ai virtuosi paesi nordici, la nazione che maggiormente ci guadagna dai vigorosi tagli alla spesa pubblica.
Cosi quando la Merkel sbraitava contro Sapin, mi è tornato alla mente il vecchio riccastro in versione femminile. La immaginavo con una tuba in testa nel versare fiumi di lacrime, prontamente asciugate dal suo personale maggiordomo. Il quale stavolta risponde al nome di Pierre Moscovici, francese di nome e di fatto. Il fido inserviente, appena nominato commissario per l'economia, si è affrettato a dire che rimarrà fedele alle regole dell'Unione costi quel che costi, applicando cosi, se necessario, le sanzioni previste anche alla nazione che gli ha donato i natali. Ma l'avidità di zia Paperangela è incontenibile e non si limita al solo redarguire il povero Pierre.
Con l'acuirsi dei conflitti meglio noti come “primavera araba”, l'Europa subisce in questi anni un invasione di migranti che nell'intento di sfuggire alla fame, alle violenze, se non addirittura alla morte, arrivano nel vecchio continente alla ricerca di miglior fortuna. L'Italia essendo la nazione europea di confine più vicina, è quella che subisce il contraccolpo maggiore di questi sbarchi. Come sappiamo, gli afflussi sono continui e tengono impegnate le nostre forze dell'ordine, oltreché l'esercito, la marina, la guardia costiera, le autorità portuali e cosi via.
Dopodiché l'impegno continua con i centri di accoglienza, i rimpatri e il controllo di questi soggetti che, oltre ricevere un piccolo contributo dalle nostre casse statali, spesso delinquono diventando cosi un ulteriore impegno per i nostri uomini in divisa. Uno dei principi fondanti l'Unione Europea è l'unità dei confini, la quale si colloca in un ottica di gestione comunitaria di questi. Ecco allora che pareva logico pensare che non sarebbe stata solo l'Italia a doversi occupare in toto dell'accoglienza di questi poveri migranti.
A suo tempo dunque, il nostro ex premier coniò il nome “Mare Nostrum” per un operazione che avrebbe dovuto sottintendere un intervento di tipo comunitario e non lasciato ai singoli paesi membri. Ma il povero Enrichetto non aveva fatto i conti con l'avido egoismo della zia Paperangela e fu cosi che il tutto divenne un operazione “solo nostrum”. Considerando che le forze dell'ordine spagnole hanno l'ordine di sparare a vista sui clandestini che provano a sbarcare nelle loro coste, e che anche il Vaticano arresta chi, senza debita autorizzazione, prova a varcare i suoi cancelli, l'Italia continua a contenere da sola questo massiccio afflusso di persone quasi fosse una pentola a pressione.
Una pentola pronta ad esplodere, considerando che la stessa Germania della zia Paperangela prevede nel suo ordinamento il reato di immigrazione clandestina e che, in seno a quest'ultimo, prevede l'arresto anche per chi li trasporta. E fin qui nulla da segnalare, se non fosse che da qualche tempo le carceri tedesche ospitano tra gli altri anche una decina di tassisti italiani. Colpevoli, questi ultimi, di aver scarrozzato dei migranti clandestini sino alla patria di zia, finendo dunque in ma