Oggi, 25 aprile, è l'anniversario della Liberazione, giornata in cui viene ricordata la liberazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo avvenuta nel 1945 e che cominciò 2 anni prima.

Si parla sempre di partigiani in generale, ma sempre troppo poco delle donne coraggiose e determinate che combatterono per la libertà di cui ancora oggi godiamo e che purtroppo, a volte, diamo per scontata.

Madri, figlie, sorelle, amiche, che lottarono percorrendo chilometri se erano staffette, combattendo da guerriere, portando di nascosto il cibo ai giovani che spesso aiutavano anche a nascondersi, finendo a volte deportate e perdendo la vita in nome di un’ideale che in quegli anni veniva considerato quasi assurdo per le donne.

Lo scrittore Niccolò Brighella, laureato in Storia, parla del fatto che nel dopoguerra, in Italia si cercò di riportare le donne ai ruoli più tradizionali, perché, durante la Resistenza “si erano emancipate troppo”, con l'obiettivo di oscurare le conquiste di quegli anni, come l’autodeterminazione, l’uso della forza e la liberazione sessuale. Ma quei diritti ottenuti con il sangue e quella libertà che pervade l’animo rappresentavano solo l’inizio per le donne,

Non furono certo in poche, dopo l’8 settembre 1943, a lasciare le proprie case mentre attendevano padri, mariti, figli, fratelli, fidanzati e amici, per marciare a fianco a loro, dimostrando carattere e testa alta senza fermarsi di fronte a nulla. Dalle tante ristrettezze in cui vivevano, iniziarono a viaggiare, impararono a sparare, le lingue straniere, fecero esperienze in città diverse da quella d’origine, riuscirono a farsi valere davanti alle avversità e a quegli uomini che fino ad allora le avevano considerate schiave.

Tra loro anche diverse donne sarde, come Eleonora Zedda, partigiana e deportata di Tiana. “Nemesis Magazine” menziona anche le purtroppo dimenticate Maria Bachis, Filomena Carta e Maria Sole.

Da ricordare, come ha fatto recentemente la giornalista Egidiangela Sechi, anche la moglie di Emilio Lussu, Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, nota Joyce Lussu, nata a Firenze e poi innamorata della Sardegna. Una donna immensamente colta e all’avanguardia, che salvò il suo amato incarcerato ingiustamente, dalla prigione, e creò passaporti falsi, utili alla causa antifascista.

“Senza le donne, la Resistenza non sarebbe finita com’è finita – ha detto l'ex partigiana Sandra Gilardelli, che in una video intervista pubblicata su "Freeda", ha raccontato di come lei e la sua famiglia rifiutarono il fascismo, partecipando alla resistenza sul Verbano - Hanno aiutato, hanno salvato i ragazzi dando ospitalità nelle cascine, nascondendoli nel fieno durante i rastrellamenti, portando da mangiare quando non c’era nulla. La Resistenza è stata di tutti, si trattava di gente umile, ma se ne parla troppo poco e soprattutto si parla troppo poco delle donne”.

“Mia mamma si è messa le mani nei capelli – ha raccontato a “Freeda” anche l'ex partigiana staffetta Margherita Mo, venuta a mancare nel 2022 – ‘Ma io ho già un figlio soldato prigioniero’, mi disse, e io le risposi ‘Io devo aiutarli, anche a costo di morire’. Ero una partigiana staffetta, partivo al mattino e percorrevo chilometri e chilometri, la mia arma era la bicicletta. Sono una donna libera, mi è sempre piaciuto pensare con la mia testa, quella è la vera libertà”.

“Necessario imparare e capire bene la storia, – ha affermato la ex partigiana Teresa Vergalli a “Filorosso” – perché, come affermava Primo Levi, ricordiamo ciò che è stato e lottiamo per far sì che non accada più, anche se purtroppo per la guerra non ci siamo riusciti. Inoltre, come dice Liliana Segre e diceva anche Gramsci, non siate indifferenti e ricordate la canzone di Giorgio Gaber: libertà non è stare sopra un albero, ma partecipare”.

La grinta, lo spirito, la voglia di riscatto di queste donne continuano a risiedere ovunque e vivranno in eterno. Per questo dobbiamo cercare di ricordarle ogni giorno, non solo il 25 aprile.