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"Fiori e fori, quelli dei proiettili. Orune saluta il Giro d'Italia, che attraversa la Barbagia, cuore della Sardegna. Qui dove due anni fa un diciottenne è stato ucciso a fucilate in strada e un suo amico fatto sparire".
Con parole inopportune e triste miseria d'animo, il giornalista del Tg1 infanga l'isola che accoglie il Giro d'Italia, mentre attraversa una Barbagia che non avverte il bisogno di subire l’ennesimo attentato alla sua storia che non è fatta solo di episodi che hanno causato lutto e dolore.
La storia dei sardi, caro cronista, è fatta soprattutto di gente perbene che vive, soffre, spera, ama, lavora, dispera, ambisce, e dimora in luoghi baciati dal bello e se mai inaspriti da mille difficoltà.
L'imbecillità di qualcuno che si sente in dovere di annullare l'operato silenzioso di tutti per fare un po' di 'sensazione' a mezzo stampa ogni tanto riaffiora, ma questa volta gli effetti rischiano di essere più devastanti.
La "bomba" esplosa nell'ora di punta, del notiziario più seguito, nasconde la mano di un fine "criminale", che percepisce uno stipendio elargito anche da quelli di Orune, di Ovodda e di tutti gli altri 'noi', che tra 'i fiori e i fori' siamo stati feriti ancora una volta dalle parole sparate con la stessa violenza e la stessa viltà dei proiettili.
Accostare fatti di cronaca accaduti, ma in altre circostanze a un evento di portata internazionale di altra natura, che amplifica l'immagine di un popolo e della terra in cui vive, significa azzardare un'equazione di squallido e pericoloso pressappochismo, che dovrebbe imbarazzare chi la fa.
L'onda rosa che ha travolto il primo inserto di maggio ha contagiato tutti di positiva energia e non permetteremo a un cronista distratto e in malafede di offuscare quel che ci batte nel cuore, che ha il colore dell'orgoglio e l'affermazione del rispetto.
Preteso, dovuto e meritato.