PHOTO
Francesco Cossiga fra luci e ombre protagonista dell'ultima puntata di "Linea di confine". La nuova trasmissione di Rai Due, condotta in seconda serata mercoledì 9 aprile dal giornalista Antonino Monteleone, ha dedicato un importante approfondimento alla vita e all'eredità morale dell'ottavo presidente della Repubblica nonché ex Ministro dell’Interno, presidente del Consiglio e del Senato.
Un viaggio fra i drammatici anni di piombo, quando il suo nome venne scritto con la kappa e la doppia esse delle SS naziste, il rapimento di Aldo Moro da parte delle Br, l'assassinio dell'amico e collega in seguito al quale si dimise da Ministro dell’Interno. Il settennato di Cossiga da Capo dello Stato fu attraversato dal ciclone di Mani Pulite e dalla fine della Prima Repubblica: lasciò il Quirinale dieci settimane prima della fine del suo mandato presidenziale, il 25 aprile del 1992.
A "Linea di confine" il ricordo personale e politico dell’ex premier Giuliano Amato, dell’ex Presidente della Camera Pierferdinando Casini e dell’ex Ministro della Giustizia Claudio Martelli. In studio con Monteleone Margherita Boniver, Ministro per gli Italiani all’estero e per l’immigrazione nel 1991; l’ex senatore Pd Luigi Zanda; e i giornalisti Paolo Guzzanti e Pasquale Chessa.
Chi era davvero Francesco Cossiga?
Formazione e prime esperienze politiche
Francesco Cossiga nacque a Sassari il 26 luglio 1928. Proveniva da una famiglia borghese di solide radici culturali e cattoliche e si laureò in Giurisprudenza all'Università di Sassari. Lì iniziò la carriera accademica come docente, avvicinandosi contestualmente alla politica attraverso la Democrazia Cristiana.
Negli anni '50 entrò attivamente nella Democrazia Cristiana. Venne eletto deputato nel 1958 e fece rapidamente carriera all’interno del partito. Fu sottosegretario alla Difesa tra il 1966 e il 1970 e poi più volte ministro, distinguendosi in particolare per il suo interesse verso i temi della sicurezza e dell'intelligence.
Ministro dell’Interno e il caso Moro
Nel 1976 fu nominato Ministro dell’Interno nel governo Andreotti. Durante il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse nel 1978, Cossiga visse il momento più difficile della sua carriera. Dopo l’uccisione del compagno di partito, si dimise assumendosi la responsabilità politica per la gestione della crisi. Questo evento segnò profondamente la sua figura pubblica e il suo ruolo nella storia repubblicana.
Presidente del Senato e Capo del Governo
Nel 1979 divenne presidente del Consiglio, governo caratterizzato da tensioni interne alla DC e da una fase politica complessa e instabile. Successivamente (dall'83 all'85) fu nominato presidente del Senato
Presidente della Repubblica
Eletto ottavo Presidente della Repubblica Italiana il 3 luglio 1985 a soli 56 anni, è ancora oggi il presidente più giovane della storia. Il suo settennato si divise in due fasi: una prima, fr ail 1985 e il 1989, rigorosa, riservata, rispettosa delle forme istituzionali; una fase finale (1989-1992) fortemente attivista, polemica, anticonformista, tanto da valergli il soprannome di "Picconatore" per le sue critiche aperte alla classe politica e ai partiti.
Durante questa seconda fase, Cossiga anticipò con lucidità la crisi del sistema dei partiti che sarebbe esplosa di lì a poco con Tangentopoli. Tra il 1991 e il 1992, i suoi interventi pubblici divennero sempre più diretti e corrosivi nei confronti del sistema partitico, della magistratura e degli equilibri istituzionali. Le sue “picconate” furono viste da molti come profetiche, da altri come distruttive. Si dimise anticipatamente dalla presidenza il 28 aprile 1992, due mesi prima della scadenza naturale.
Gli ultimi anni e l'eredità
Dopo la presidenza, Cossiga fu senatore a vita, come previsto dalla Costituzione. Continuò a intervenire nel dibattito pubblico con dichiarazioni spesso provocatorie, ma sempre acute, mantenendo una posizione di indipendenza intellettuale. Morì a Roma il 17 agosto 2010, all’età di 82 anni.
Figura controversa ma centrale nella storia della Repubblica, Cossiga è oggi ricordato come un fine conoscitore dello Stato, un innovatore scomodo e un grande interprete della crisi delle istituzioni italiane. Il suo approccio diretto e spiazzante ha lasciato un segno profondo nella memoria politica del Paese.