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A distanza di cinque anni dall'inizio dell'emergenza Covid-19 in Italia, emerge che la percezione dei medici ospedalieri nei confronti del Servizio sanitario nazionale è in netto peggioramento. Secondo un sondaggio condotto dal sindacato Cimo-Fesmed su 2.168 medici dipendenti del Ssn, il 76% ritiene che la situazione sia andata deteriorando, mentre il 58% ha sperimentato cambiamenti negativi nella propria attività lavorativa.
Il quadro delineato nel dossier "Dimenticati" offre uno spaccato della realtà vissuta dai medici ospedalieri, i quali appaiono sempre più affaticati e disillusi rispetto al passato. Se durante la pandemia la maggioranza (77%) nutriva speranze di miglioramento della professione al termine dell'emergenza, oggi solo il 15% giudica positivamente la propria situazione lavorativa. Le prospettive di carriera e di guadagno sembrano essere drasticamente ridimensionate rispetto alle aspettative iniziali.
Le condizioni lavorative rappresentano un nodo cruciale di insoddisfazione, con il 76% dei medici che lamenterebbe la carenza di personale e la conseguente necessità di coprire turni extra, sacrificando ferie e permessi. La maggioranza supera nettamente le 38 ore settimanali previste contrattualmente, con il 52% che lavora spesso 48 ore e il 20% che supera tale limite. Inoltre, un significativo numero di medici presenta un accumulo consistente di giorni di ferie non fruiti.
Il livello di stress percepito sarebbe elevato, con il 57% dei medici che riferisce di sentirsi molto stressato. La qualità della vita viene valutata come pessima dal 38% dei partecipanti al sondaggio, mentre il 57% reputa elevato il rischio di commettere errori a causa del carico di lavoro. La valorizzazione del proprio ruolo da parte dell'azienda appare insufficiente per il 94% dei medici intervistati.
Le prospettive future e le considerazioni sulla professione medica in Italia rifletterebbero quindi un quadro critico, con una percentuale significativa di medici che valuterebbe positivamente l'opportunità di intraprendere la libera professione, lavorare in strutture private o addirittura all'estero. Solo il 32% ritiene l'ospedale pubblico come luogo maggiormente gratificante per svolgere la propria attività.