Rispetto delle quote produttive, diversificazione, esportazione, investimenti nel latte in polvere, acquisto da parte dello Stato o di altri enti di una quota di produzione eccedente di pecorino romano, puntare tutto sul pecorino sardo: Confindustria si inserisce nel dibattito sulla crisi del comparto ovicaprino in Sardegna e propone una lista di soluzioni, consapevole che "l'unica azione veramente efficace sarebbe il ritiro di un quantitativo importante di pecorino romano - individuabile presumibilmente in 50mila quintali - da reimmettere gradualmente nel mercato nel momento in cui si realizzerà, concretamente, la riduzione delle produzioni".

Ma l'idea che più distingue l'approccio degli industriali è quella che riguarda il brand pecorino sardo.

"La Regione - spiega Confindustria - per distogliere quantitativi di latte destinati al romano, potrebbe scegliere di dare una mano al pecorino sardo, facendo in modo che diventi una Dop riconoscibile anche a livello nazionale".

Cioè: "Abbiamo in casa l'alternativa al pecorino romano ma manca la comunicazione a riguardo". Il problema, dicono gli industriali, è che "il Consorzio di tutela non ha fondi da investire in comunicazione, bisogna quindi credere nell'investimento sul brand, fare comunicazione e marketing a tutto tondo".

In questo senso "il ruolo della politica, rapportato ad una situazione di crisi generale in cui i fondi scarseggiano, potrebbe essere quello di promotore, regalando visibilità alle produzioni nelle fiere nazionali e internazionali, spingendo sui prodotti e sulla loro vasta gamma, scommettendo sul marketing e sul pecorino raccontandolo ad una platea quanto più vasta possibile.

Una Sardegna che si mette in mostra e mette in mostra le sue eccellenze, la sua qualità, la sua capacità produttiva.