S’Ammuntadori, Sa Coga, Mommotti, chi non ha mai ascoltato i “Contus de Forredda” (le chiacchiere da caminetto) dei nonni che, con fierezza raccontavano storie intriganti e a volte “inquietanti” per intrattenerci prima di andare a letto? L’assenza della Tv e dei telefoni contribuiva ad alimentare la fantasia di genitori e nonni che non vedevano l’ora di intrattenere l’uditorio di turno.

Racconti  che parlavano di tradizioni popolari, ma anche aneddoti di un passato lontano o pettegolezzi delle vecchie comari. Ogni storia veniva rivista e ritrattata, tutte le volte, per arricchire e aggiungere mistero al racconto: il nonno ci guardava con tenerezza e facendo finta di niente reinventava nuove situazioni, con assoluta nonchalance, per rendere tutto ancora più coinvolgente. Fate, folletti, strane creature buone e cattive ci accompagnavano al riposo notturno.

Storie che qualche volta ci impaurivano, ma non avremmo mai voluto smettere di ascoltarle. “ Dai, solo un’altra storia ancora nonno!” era la solita frase quando arrivava il momento di andare a dormire. “I Contus de Forredda” facevano da cornice alla vita semplice e faticosa dell’epoca e aiutavano ad allontanare il pensiero dalle, non poche, preoccupazioni delle famiglie.

Tra le figure che popolavano i sogni dei bambini di ieri(e non solo), un posto di primo piano ce l’ha S’Ammuntadori o Ammutadore o ancora Muntadori. Un essere descritto come un demone che agiva in relazione al sonno delle sue vittime. Durante il sonno, infatti, si adagiava sopra lo sfortunato provocandogli un forte senso di ansia e oppressione. Era impossibile per la vittima riuscire a reagire e a liberarsi dalla sua stretta.  Era talmente temuto che, anche i pastori avevano paura di addormentarsi per un riposino pomeridiano nei campi perché poteva arrivare lui, il terrore dei piccoli e dei grandi che provocava incubi davvero terrificanti. L’unica cosa che poteva aiutare era ricorrere a particolari scongiuri chiamati “Brebus” (parola).

“Sa Coga” è invece una donna molto cattiva sempre vestita di nero. Brutta e conoscitrice del potere delle erbe. Faceva il malocchio e preparava filtri d’amore. Era molto ricercate dalle fidanzate deluse e dalle mogli disperate che si rivolgevano al lei per le sue formule magiche. Si nutriva di sangue umano, nemmeno a dirlo, e uccideva i neonati di sesso maschile succhiando loro il sangue. I genitori per proteggere i figli dalle sue grinfie mettevano nella culla una canna o un rosario benedetto e nel momento in cui sa Coga arrivava accanto alla culla del bimbo, iniziava a contare i grani del rosario, ma non riusciva a contarli tutti prima dell’arrivo dell’alba quando doveva fuggire per non essere colpita dalla luce del sole.

Ma la figura più chiamata in causa dai genitori per far stare buoni i bambini è Mommotti (o Tziu Bobbotti), un personaggio che nessuno ha mai visto, ma tutti lo hanno sentito aggirarsi accanto al proprio letto almeno una volta.  “Se non stai buono chiamo Mommotti!” è la  frase che i genitori dell’epoca usavano spesso per impedire ai loro piccoli di compiere qualche monelleria.  Mommotti è l’uomo nero per antonomasia, poteva avere la barba lunga, il viso nascosto dall’ombra o indossare maschera terrificante, si nascondeva sotto il letto o ti camminava accanto, insomma comunque lo si immaginasse il rapitore di bambini cattivi suscitava sempre una grande paura. Sono tante le teorie sull’origine del nome, la più attendibile pare che si riferisca a una distorsione del nome Mohammed, un corsaro arabo che in epoca giudicale compiva saccheggi nei piccoli paesi della Sardegna e le sue principali vittime erano appunto i bambini che venivano rapiti e dei quali, in seguito,non si sapeva più niente.

Un’altra storia che ha dimorato nelle menti degli antichi sardi è “Su Carr´ e Nannai”: un’antica leggenda racconta che un tale Nannai avesse un carro tutto sbilenco e rotto a tal punto, che il suo passaggio in strada provocava un rumore fortissimo. Questo rumore, udito da lontano ricordava il boato di un tuono. “Teh, su carr’è Nannai” la frase che molti anziani pronunciano ancora oggi quando arriva un temporale molto forte. Nella zona del campidano di Cagliari Nannai si traduceva con “nonno”: “Itta prangisi? No d’intendisi Ke’ su carru ‘e Nannai!” “Perché piangi non lo senti che è il carro di nonno?” Questa frase tranquillizzava i bimbi spaventati dai temporali. In alte parti della Sardegna, invece, Nannai era l’uomo cattivo sul carro al quale ricorrevano  i genitori per impedire ai piccoli di uscire durante i temporali.

Bruscia” è un termine di origini spagnole che significa meretrice, prostituta. Una sorta di strega bella capace di infinite malignità. Poteva diventare moglie e madre, ma sarebbe sempre stata crudele e la notte avrebbe assunto un aspetto malefico.

Sa mama ‘ e su Bentu passava quando c’era molto vento accompagnata da suo marito Uragano e dai suoi figli sempre affamati e lunatici. Quando era di cattivo umore graffiava il viso dei bambini disubbidienti. “Sa mama ‘e su soli” era invece una vecchietta ricoperta da un lenzuolo bianco, che vagava nelle giornate estive sotto il sole cocente, in cerca di bambini che non facevano il riposino pomeridiano e li riempiva di legnate in faccia. Ma non solo, bruciava loro la fronte provocandogli una grossa cicatrice e una febbre da cavallo. Simpatica vecchietta!

Sono davvero tantissime le leggende che continuano a tramandarsi di padre in figlio da secoli ormai. Il passato della Sardegna è ricco di storia e tradizioni interessanti a testimoniare, fra le altre meraviglie,  il valore di una terra straordinaria!