Gli adulti ricordano i cari estinti con una cena frugale, raccogliendosi poi intorno al focolare domestico per rievocare il passato e leggende legate alle tradizioni paesane. Al calar della notte si lasciava la tavola apparecchiata per i morti e in alcune zone anche le credenze restano aperte affinché al loro arrivo gli antenati possano nutrirsi a loro piacere.

Anche le zucche non sono esclusive di Halloween. In Sardegna infatti venivano intagliate a rappresentare esseri spettrali, per far divertire e spaventare i bambini e si accendevano le lampade ad olio (lantias), una per ogni defunto di famiglia, per consentire ai defunti di trovare l'uscio della loro casa.

La tradizione tiene banco anche ad Halloween in Sardegna. La celebrazione della vigilia di Ognissanti, soprattutto nelle zone interne, cambia nome da nord a sud, ma è nella sostanza sempre la stessa: 'Is Animeddas' nel Sud dell'Isola, 'Su Mortu Mortu' nei paesi della Barabagia e a Nuoro, con varianti ancora più specifiche da paese a paese, come 'Su Prugadoriu' a Seui, tra la Barbagia e il Mandrolisai, al centro dell'isola.

Le analogie tra la commemorazione dei defunti in Sardegna e la festa americana di Halloween però sono tante. A cominciare dall'origine della ricorrenza: nella notte di Samhain, quando i Celti festeggiavano la fine dell'estate, il 1 novembre, si onoravano gli antenati e intorno al fuoco si ricordavano le gesta dei familiari morti e si credeva che le anime dei cari arrivassero a fare visita alle loro vecchie case e per questo si lasciava loro del cibo e i bambini andavano a chiederlo in dono.

Così è anche in Sardegna. Ma la domanda che fanno i bambini vestiti da fantasmi nella questua per i defunti non è 'dolcetto o scherzetto', ma 'mi dhu ona pro su bene de sas animas de su prugadoriu?', ''me lo dai un dono per il bene delle anime del purgatorio?'' e le famiglie offrono ''po is animas' (per le anime) frutta secca, noci, nocciole, castagne, fichi secchi e i più generosi qualche moneta.