L’inverno era agli albori quando ho avuto modo di trascorrere una mattinata in compagnia di Pietro Congiu. La città di Bolzano, effervescente ed assettata mi accoglieva come decorosamente si fa con un ospite gradito. Complice l’atmosfera natalizia e una fresca brezza dalle Alpi, ho cominciato ad ascoltare sotto un pallido sole i racconti di questo olianese classe 1932. Della sua vita, del suo percorso professionale e da emigrato. I suoi occhi scintillavano ma l’aria aguzza c’entrava poco. Pietro ha così intrapreso il suo viaggio nella memoria. Ed io con lui.

Nato a Roma dove i genitori si erano trasferiti per lavoro, rientrò ad Oliena in tenerissima età. Primo di sei fratelli, completate le scuole dell’obbligo sosteneva il padre nella gestione di una trattoria e nel lavoro nei campi per supportare l’economia familiare.

“Ho reminiscenza di quando presi parte alla lotta alle cavallette che nel 1947 devastarono la Sardegna creando danni ingenti all’agricoltura. E la campagna contro la malaria, autentico flagello isolano. Erano anche gli anni della spensieratezza e delle curiosità. Conoscevo il territorio e mi incuriosiva la campagna, stimolato anche da una proficua scuola di avviamento di tipo agrario.”

Ma c’era un aspetto pratico che ammaliava il giovane Pietro nella sua adolescenza lavorativa al fianco del padre.

“L’osteria era frequentata dai carabinieri in servizio di pattuglia. La loro divisa mi affascinava e il mio sogno era quello di poterla indossare un giorno”.

A 17 anni Pietro Congiu fece domanda di arruolamento nell’Arma. Passò oltre un anno prima che la sua richiesta andasse a buon fine. Poi sopraggiunse la chiamata da Cagliari: era il 5 maggio 1951.

“Il momento del distacco da Oliena è ancora nitido nella mia mente. M’incamminai a piedi nella strada provinciale alla volta di Nuoro. Avevo una piccola valigia con qualche indumento e scarni oggetti personali. Raggiunsi la stazione ferroviaria della capoluogo barbaricino dopo tre ore, in tempo utile per prendere un trenino per Macomer e poi a Cagliari dove trovai moltissimi aspiranti all’arruolamento.”

Dopo dieci giorni ci fu la partenza per Roma per la frequentazione della Scuola Allievi Carabinieri.

“L’insegnamento durò 9 mesi e fui impiegato in molteplici attività addestrative, con marce continue e saggi ginnici, studio in aula di leggi e regolamenti. Un periodo vigoroso e di grande complessità emotiva. Ma si era avverato un sogno coltivato sin da piccolo e di cui andavo fiero. Un traguardo non agevole da raggiungere per la selezione accurata e per i requisiti fisici e morali richiesti e che a me, promosso carabiniere, erano stati riconosciuti.”

Il 18 gennaio 1952 Pietro Congiu lasciò la capitale con destinazione Bolzano.

“Di solito al neo carabiniere veniva richiesta la scelta di tre comandi di legione sparse per l’Italia. Per il nostro corso invece venimmo informati di optare per una sola sede e quella ci sarebbe stata assegnata. Durante il corso il mio simpatico vicino di branda, sardo come me, non mi parlava d’altro che di un suo cugino carabiniere, in servizio in un paesino della Legione di Bolzano. A fine scuola avrebbe chiesto quella legione, invitandomi a seguirne la scelta, lusingandomi col fatto che il cugino non gli scrivesse d’altro se non della presenza di ragazze bellissime e bionde - enuncia Pietro ridendo -. E fu così che mi lasciai persuadere e predilessi Bolzano”.

Nella nostra conversazione, giungemmo sulle sponde dell’Isarco che con le sue acque fluide accerchia e tinteggia la città di Bolzano. Pietro consapevolmente, come uniformandosi all’energia dell’acqu