Febbraio è un mese da non dimenticare per molti cagliaritani.  E’ il mese che ricorda la seconda guerra mondiale, i terribili bombardamenti aerei che nel 1943 rasero al suolo Cagliari. Macerie e palazzi sventrati dalle bombe che, quando cadevano buttavano giù i palazzi con una sorta di effetto "domino”: «Lo spostamento d'aria provocato dalle bombe e dai conseguenti spezzoni – spiega lo scrittore e speleologo urbano, Marcello Polastri - si infrangeva ovunque e colpiva "bersagli" fissi e mobili, persone, vetri e finestre, anche se distanti dall'impatto degli spezzoni, andavano in frantumi e si trasformavano in "proiettili" vaganti. Durante i tour guidati nella città del sole, Cagliari per l’appunto, nei vari quartieri come ad esempio a  Villanova – aggiunge Polastri – alcuni nostri concittadini raccontano ancora con le lacrime negli occhi l’orrore di quel periodo, la paura, le urla strazianti dei feriti, mentre a centinaia i cagliaritani si accalcavano davanti ai rifugi per cercare di scampare alla morte che arrivava dal cielo». 

IL RACCONTO. Tratto dal vivo racconto di una nonnina che ha testimoniato la sua storia luminosa durante un evento dell’associazione cagliaritana, Sardegna Sotterranea, fondata sempre dallo speleologo e guida turistica, Marcello Polastri, tra rifugi sotterranei e monumenti feriti dalle bombe. 

 “Era il mese di Febbraio 1943. Da allora sono passati 72 anni ma il ricordo dei bombardamenti aerei è rimasto indelebile. Sentimmo in più di un’occasione il suono della sirena e ci ritrovammo per strada, correvamo a gambe levate. Un giorno, una volta giunti nella piazza antistante il molo della Darsena, entrammo in un rifugio sotterraneo. Oggi quel luogo è stato murato. Allora c’era tanta gente che varcava quell’ingresso. Sottoterra, come i topi, stavamo stretti stretti, gli uni accanto agli altri. Sentimmo il sibilo delle bombe che a grappoli caddero sul terreno. Le strade sulla nostra testa divennero crateri, i palazzi si sbriciolarono. Riuscii a distinguere un gruppo di persone correre verso il rifugio ma l’ennesima esplosione polverizzò alcuni di quegli individui, spingendo altre persone in lontananza, scaraventandole nel mare. I loro vestiti? Volarono per aria. E il mare divenne nero quando le navi presero fuoco”. 

MEMORIE INDELEBILI. Per non dimenticare quei terribili e strazianti momenti, fuori case e strade irriconoscibili, dentro i bunker di via Santa Restituta, Piazza Yenne, adulti e bambini che pregano di non morire: “Altre imbarcazioni sparirono sotto onde altissime. E’ evidente, noi eravamo vivi per miracolo. Ci salvammo per un fatto fortuito, grazie a quel budello sotterraneo, grazie a quel rifugio che ci accolse sotto un tetto di roccia. Laggiù patimmo la fame. Fuori dalle grotte ci assalirono i pidocchi. Di rientro a casa, qualche tempo dopo i bombardamenti mi venne la scabbia. Ed anche la candida, deboli e denutriti, senza più difese, vestiti di stracci. Vissi l’inferno tra una città ridotta ad un ammasso di macerie e le oscurità della terra. Cagliari era una larva di città. La guerra che abbiamo vissuto è tremenda. Vi auguro con tutto il cuore di non conoscerla mai. Perchè segna la mente e il cuore, porta via le persone a noi più care.”