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Svolta nelle indagini su alcuni dei fatti criminali più eclatanti, con omicidi e rapine fra cui quella di armi nella base militare di Arbatax, compiuti in Ogliastra nei primi anni 2000.
Il pm Danilo Tronci della Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari, in seguito a lunghi accertamenti effettuati dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Nuoro, ha notificato avvisi di conclusione delle indagini preliminari a dieci persone.
Si tratta di cinque pregiudicati di Arzana: Cesare Balzano, di 48 anni, Angelo Balzano, di 52, Luigi Piras, di 45, tutti e tre operatori ecologici; Giangiuseppe Ferrai, di 39, disoccupato, e Davide Balzano, di 29, allevatore. Ci sono poi Andrea Agus, di 48, operaio di Lanusei; Salvatore Mereu, di 54, operaio forestale di Tortolì; Fabrizio Demontis, di 43, allevatore di Escalaplano; Paolo Mulas, allevatore di 52, e Armando Mameli, imprenditore di 59, entrambi di Tertenia.
Sono tutti indagati, a vario titolo, per la rapina aggravata compiuta il 21 settembre 2004 nell'armeria della base militare di Capo Bellavista di Arbatax, dove vennero portati via 13 fucili mitragliatori; per la scomparsa di Marco Ferrai, la sera stessa della rapina, il giovane che non venne mai ritrovato; per gli omicidi dei coniugi Nino Ferrai e Mariangela Bangoni, genitori di Marco Ferrai, avvenuti a Tortolì il 3 dicembre 2004; per il delitto di Angelo Tangianu il 26 dicembre 2000 ad Arzana, e per i tentati omicidi dei coniugi Luigi Lobina e Francesca Longobucco il 6 febbraio 2006 a Tertenia.
In particolare Cesare Balzano e Luigi Piras sono ritenuti responsabili del duplice assassinio dei coniugi Ferrai. Secondo gli inquirenti avrebbero compiuto gli omicidi per garantirsi l'impunità per la rapina commessa a Capo Bellavista, di cui sono ritenuti responsabili assieme ad Angelo Balzano, Salvatore Mereu e Giangiuseppe Ferrai. Cesare Balzano è anche considerato responsabile dell'omicidio di Angelo Tangianu. Mentre Armando Mameli e Cesare Balzano sarebbero legati ai tentati omicidi di Luigi Lobina e di sua moglie.
L’inchiesta in una prima fase è stata incentrata sulla clamorosa rapina alla base militare di Capo Bellavista ad Arbatax e sulla contemporanea scomparsa di Marco Mariano Ferrai, ma ha via via riguardato altri fatti collegati e, successivamente, ha fatto luce su altre vicende, anche cronologicamente antecedenti, di cui alcuni indagati erano stati protagonisti.
La sera del 21 settembre 2004, intorno alle 21:40, un malvivente, suonando ripetutamente il clacson, richiamò l’attenzione del militare che disimpegnava il servizio di piantone all’armeria della base. Il militare si affacciò a una finestra e vide, ferma davanti al cancello, una Fiat Uno rossa.
Intanto, due banditi, da sotto il davanzale, gli puntarono contro delle pistole, intimandogli di non muoversi. Subito dopo il militare sentì un forte scoppio.
Immediatamente fu raggiunto alle spalle da un altro bandito. Velocemente un altro malvivente entrò nel bagno.
I due, strattonando il militare, lo condussero all’interno dell’armeria, costringendolo a sdraiarsi per terra. Un criminale gli legò le mani e i piedi e nel frattempo i complici razziarono i fucili mitragliatori e le cassette contenenti le munizioni, portando via 13 fucili mitragliatori A.R. 70/90, munizioni e vario materiale.
Nella tarda mattinata del giorno seguente, 22 settembre 2004, Nino Ferrai si recò alla Stazione Carabinieri di Tortolì per cercare notizie sul figlio, Marco Mariano, che non rispondeva al telefono e non dava notizie di sé. Chiese se fosse stato arrestato, poiché non era rientrato a casa dal giorno precedente. Furono espletati accertamenti ma nessuno aveva sue notizie.
Marco scomparve nelle stesse ore in cui a Tortolì furono rapinati i fucili mitragliatori, e i giornali pubblicarono la notizia della rapina il giorno seguente.<