Negli anni d'oro in cui il Torino aggiungeva alla bacheca dei trofei una nuova Coppa Italia, mentre la Lazio centrava i suoi primi successi in campionato e il Cagliari correva sulle gambe di Gigi Riva, a Meana Sardo venivano confezionate le maglie indossate dai calciatori delle tre grandi squadre italiane, grazie all'intraprendenza di don Delio Cabiddu che nel cuore della Sardegna aveva avviato un laboratorio per offrire a diverse ragazze del paese un'opportunità di lavoro.

LA STORIA Nel 1967 il sacerdote, originario di Nurallao, grazie alle generose donazioni e alla grande sensibilità degli abitanti, costruì a Meana una grande struttura destinata ad ospitare un cinema-teatro al piano terra e dei locali adibiti per le iniziative culturali e la maglieria al piano superiore. In quest'ultima le giovani meanesi trascorrevano le giornate davanti ai telai di legno e a tutto il corredo per il cucito.

«Avevamo un parco macchine di tutto rispetto», racconta Giuseppina Demuru, all'epoca ventunenne, mentre riannoda il filo dei ricordi. «Nei primi anni abbiamo fatto tantissimi sacrifici per pagare i debiti, i contributi tardavano ad arrivare, ma quando l'attività è decollata si lavorava davvero molto bene. La nostra maglieria dava lavoro anche ad altri laboratori che si trovavano a Sarule, Laconi, Tiana e Sorgono. Loro “smacchinavano” e noi cucivamo. Le magliette delle squadre di calcio del Torino, della Lazio e del Cagliari venivano confezionate proprio nella nostra azienda così come le famose “cocche sportive” ovvero le maglie delle nazionali. Lavoravamo per l'Upim e per la Standa. Ricordo ancora che applicavamo la taglia e i prezzi a migliaia di capi».

LA CHIUSURA Nella maglieria di Meana Sardo lavoravano 25 ragazze circa. Agli inizi degli anni '90, per vari motivi, il laboratorio cessò la sua attività. «Don Delio Cabiddu - dice il sindaco Angelino Nocco - per la comunità di Meana Sardo ha rappresentato un importante punto di riferimento. A lui è stata dedicata una piazza del paese. La maglieria è nata grazie al suo impegno e ha garantito un'occupazione a tante famiglie. Il meanese non è un commerciante per vocazione, ma è un grande lavoratore. Tende all'ospitalità piuttosto che alla vendita dei propri prodotti e ha da sempre accolto con spirito propositivo l'associazionismo anche nel campo lavorativo».

Il ricordo dell'antico laboratorio tessile, anche per l'assessore alla Cultura di Meana Sardo, Bartolomeo Contini, è legato alla figura di don Delio «un valido esempio per tutta la nostra comunità anche dal punto di vista sociale. Gli saremo grati per sempre».