Sin dall’età più antica l’uomo ha tentato di dare delle spiegazioni plausibili ai fenomeni che la natura presenta. Inizialmente si pensava che tutto ciò fosse una rappresentazione del potere divino e che, a seconda dell’entità dei fenomeni, gli dèi volessero inviare dei messaggi sulla terra. Una violenta tempesta poteva rappresentare l’ira delle divinità; per contro, un temporale dopo lunghi periodi di siccità veniva recepito come un messaggio di benevolenza da parte di entità superiori. Col tempo il rapporto tra uomo e natura è mutato, rimanendo tuttavia centrale e divenendo oggetto di studio e di analisi.

LEGGENDA. E come potevano lo stupore e la meraviglia suscitati da tali fenomeni rimanere esclusi da una cultura fortemente influenzata da credenze religiose e spirituali come quella sarda? Sole, vento, pioggia: tutto nella tradizione mitologica isolana diviene oggetto di racconti e fantasticherie. Non è raro allora - soprattutto quando a interloquire sono un soggetto adulto e uno giovane - che favole o leggende diventino un mezzo efficace per motivare tutto ciò che succede attorno a noi. Un esempio assai noto è rappresentato da quella de Su carr’e Nannai, che affonda le sue radici nella più antica tradizione popolare.

NANNAI IL DIO. Si narra che anticamente la Sardegna fosse proprietà di un dio di origini nuragiche, Signore degli elementi dedito alla padronanza delle tempeste e in particolare di tuoni e fulmini. Giungeva su un carro trainato da possenti destrieri che, oltre alla divinità, trasportavano anche un grosso carico di massi che sbattendo fra di loro provocavano scintille e roboanti rumori. A seconda dell’uso che ne voleva fare, questa figura poteva avere connotazioni negative o positive. Non di rado si utilizzava per convincere i bambini a non uscire durante i temporali, spaventandoli tramite la figura del dio dei venti. Secondo alcune fonti, il nome “Nannai” potrebbe derivare dal dio sumero “An”, che viveva nella sua dimora dei cieli chiamata “Eanna”. L’evoluzione del termine avrebbe poi portato a quella che è la versione attuale del nome.

NANNAI L'ANZIANO. Un’altra versione del mito vuole che Nannai non fosse un dio, ma bensì un anziano signore. Il mitico Nannai sarebbe dunque un vecchietto che, a bordo di un carro sgangherato, fa ritorno a casa. Anch’esso trasporta pietre e sassi il cui sbatacchiare all’interno del carro provoca un grande frastuono riconducibile a quello dei tuoni. Nel Campidano si riteneva che il nome fosse la semplice traduzione dal campidanese di “nonno” e, in antichità, per tranquillizzare i bimbi terrorizzati dal fragore dei grossi temporali gli si diceva che era soltanto il “carro del nonno” che arrivava a casa.

Una terza versione parla invece di Nannai come di un uomo terribile e spietato, che se avesse incontrato i bimbi per strada avrebbe potuto rapirli portandoli con sé sul carro. Tale figura poteva dunque essere utilizzata o come spauracchio per convincere i piccoli a non uscire di casa o, in alternativa, come rassicurazione dinnanzi al palesarsi dei fenomeni naturali.