A Carnevale, tra gli scherzi, le trombette e le maschere, non possono mancare i dolci tipici, da gustare mentre ci si lanciano addosso coriandoli e stelle filanti. Uno di questi, in Sardegna è sicuramente la zippola, che alcuni continuano a chiamare “zeppola” come il dolce tipico napoletano da cui prende il nome.

Ripercorriamo la dolce, antica e lunga storia di questa squisitezza, che ha origini antichissime ma nel tempo si è resa protagonista di numerose varianti e tutte buonissime.

Le zippole risalgono infatti all’antica Roma degli imperatori, dove il 17 Marzo si celebravano i “Liberalia” in onore delle divinità del vino e del grano. Per rendere omaggio al dio Bacco ed a Sileno, precettore e compagno di gozzoviglie del dio, durante questi festeggiamenti il vino scorreva a fiumi, accompagnato da particolari frittelle realizzate con farina di frumento, che venivano fritte e servite bollenti.

L’usanza romana venne recuperata dal Cristianesimo, tant’è che 2 giorni dopo il 17, il 19 marzo, ossia la festività di San Giuseppe, il popolo ha continuato a festeggiare come da tradizione e le frittelle hanno continuato ad essere le principali protagoniste, chiamate le “zeppole di S. Giuseppe”
Queste ultime sono secondo alcuni dei dolci nati nel convento di S. Gregorio Armeno, secondo altri in quello di Santa Patrizia, anche se c’è chi attribuisce l’invenzione alle monache della S. Croce di Lucca, o a quelle dello Splendore.

Le zeppole trovarono posto per la prima volta in un ricettario nel 1837 grazie al celebre gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino. Considerando che il 19 marzo si festeggiavano anche nei tempi antichi la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, nei paesi del sud Italia, durante i riti di purificazione agraria, si accendevano dei falò enormi in cui si friggevano grandi quantità di frittelle.

IS ZIPPULAS. In Sardegna is zippulas, in italiano le zippole, si preparano in modi diversi a seconda della località: nel Cagliaritano sono tonde e con il buco, piccole e croccanti con profumo di arancia e fil ‘e ferru; non sono lunghe fino a due o tre metri come accade altrove, come a Luras, dove le donne più abili le potevano offrire ai questuanti direttamente dalla finestra.

Prepararle non è semplice: l’impasto che deve lievitare bene prima d’essere fritto e va amalgamato con fatica se lo si vuole elastico. Solo in questo caso verranno fuori delle zippulas degne di questo nome. Una volta fritte, si devono cospargere di zucchero e poi si mangiano caldissime.

Quando si preparano sarebbe meglio essere in tre: la jana maista, ossia la fata maestra, la cuoca più esperta, che impasta mentre le altre due le passano gli ingredienti.

Mentre l’impasto lievita, le donne solitamente chiacchierano davanti ad un bel fuoco e con un tè in mano, e dopo due ore circa si preparano per friggere: la jana maista prende piccole porzioni di impasto e forma delle ciambelle belle elastiche e le altre due si cimentano, una nella frittura e l’altra, l’apprendista, mette le zeppole nello zucchero e offre agli altri.

LE LEGGENDE SARDE. In molti paesi sardi il penultimo giovedì di festa era detto “gioi di li gomari”, “giobia de is gommais”, il giovedì delle comari, che si mandavano a vicenda delle zippole, e non solo, in dono.

Questa usanza risale ad una leggenda secondo cui un giorno, due comari si incontrarono la vigilia del penultimo giovedì di carnevale per friggere insieme. Prepararono una grande di zippole, ma dopo aver fritto, si addormentarono per la stanchezza. Alcuni ragazzini che passavano lì vicino, davanti a quelle gustosissime frittelle incustodite, decisero di mangiarsele tutte. Le comari al risveglio non ne trovarono neanche una e da allora si usa scambiarsi la frittura il penultimo giovedì di carnevale in modo che non succederà mai più di trascorrere la giornata di festa senza assaggiare nemmeno una zeppola.

LA RICETTA. Per realizzare le zippole sarde, gli ingredienti che servono sono: un chilo di farina, 100 grammi di strutto, 150 grammi di zucchero, 4 uova, 2 limoni 2 arance (buccia e succo), 200 grammi di patate lesse (o ricotta), mezzo litro di latte, 60 grammi di lievito di birra, 3 cucchiai di acqua vite, 1 bustina di zafferano.

Per la preparazione, sciogliete il lievito di birra nel latte tiepido. Ne frattempo impastate gli ingredienti partendo dalla farina, strutto, zucchero e uova e patate. Mentre la jana maista impasta, la seconda jana deve grattugiare gli agrumi sulla farina e spremere le arance unendo il succo gradualmente, alternando con il latte e lievito di birra. A questo punto deve aggiungere anche il fil’è ferru e quando la jana maista ne ha necessità ammorbidire l’impasto con il latte tiepido e lievito.

L’impasto deve essere pizzicato: è faticoso ma per il risultato ne vale la pena. Mettete poi l’impasto in una terrina, copritelo per tenerlo al caldo e attendete. Ora la jana apprendista dovrebbe dare una bella pulita.

Utilizzate uno scolapasta per scolare le zippole tolte dall’olio e abbondante e zucchero e preparatevi all’assalto delle persone che fino ad ora sono state in altre stanze, ma che quando sentiranno l’odore invitante della frittura assalteranno i dolci.