La notizia della delibera regionale del 23 ottobre “Disposizioni in favore delle famiglie indigenti” ha di fatto scaturito una valanga di reazioni, soprattutto incredulità, ilarità, rabbia e scetticismo.

Sulla questione è intervenuto qualche giorno fa anche il sindaco di Simassi, Enrico Pusceddu, ma prima di lasciarvi al commento del primo cittadino, ricordiamo che la domanda di accesso al contributo deve essere presentata al Comune di residenza del nucleo familiare e non alla Regione.

Pane e formaggio alle famiglie in difficoltà. La Regione stanzia 6 milioni di euro

"PER 30 Euro DI PANE E FORMAGGIO AGLI "INDIGENTI"

In tanti anni da amministratore ho visto tante iniziative “stravaganti” da parte di Comuni, Regioni e Stato centrale, ma una delibera come la n. 52/16 del 23.10.2020 recentemente pubblicata dalla Giunta regionale della Sardegna forse le batte tutte.

In questa delibera colgo da un lato il lodevole intento di chi l’ha presentata, ovvero destinare risorse pubbliche per supportare un comparto produttivo in crisi e contemporaneamente dare una mano alle persone che si trovano in difficoltà economica, dall’altro, invece, colgo la totale “sconsideratezza” della proposta.

Partiamo dall’aspetto pratico.

I produttori caseari o i panificatori che vogliono aderire all’iniziativa dovranno partecipare ad una manifestazione d’interesse regionale, poi la palla passerà ai comuni che dovranno gestire tutte le procedure raccogliendo le richieste degli “indigenti” (che dovranno certificare di esserlo) con l’obiettivo di fornire loro, a seconda dei componenti il nucleo familiare, 30, 60, 90 o più euro di voucher per “acquistare” pane e formaggio “tipici” che potranno ritirare recandosi da qualsiasi produttore convenzionato della Sardegna.

La delibera, che non provo neanche a riassumere ma invito a leggere integralmente, prevede una procedura talmente macchinosa, dispendiosa e irrazionale in rapporto all’entità del bene fornito ai singoli “indigenti” da determinare un costo altissimo in termini di risorse umane ed economiche impiegate dai Comuni.

La montagna ha partorito un topolino, spendi 100 per donarne 30.

Ma vi è un altro aspetto che dal mio punto di vista è ancora più sconcertante.

In questa delibera che peso ha la dignità delle persone che chiamiamo “indigenti”?

Dov’è il rispetto per la loro condizione umana e sociale?

Come possiamo mai immaginare che chi ha bisogno d’aiuto non si senta offeso e umiliato nel presentare certificati, modelli ISEE e documenti vari per ricevere in cambio poche decine di euro di pane e formaggio da prendere come e dove diciamo noi. Una carità non richiesta che offende la dignità delle persone.

Come si può pensare che chi non sa come sfamare i propri figli non si senta mortificato dall’esser costretto ad esporsi al pubblico giudizio per ricevere prodotti “tipici” che in quel momento prenderà solo perché ha fame. Una fame in cui l’individuo è soggetto passivo dinnanzi alle Istituzioni che si arrogano il diritto di decidere come sfamarlo.

Gli indigenti non sono “soggetti” appartenenti ad una “categoria sociale” da alimentare con ciò che il mercato non riesce a vendere, sono esseri umani che meritano sensibilità, rispetto e attenzioni ancora maggiori quando si trovano in uno stato di estrema necessità.

La dignità delle persone vale molto più di 30 euro di pane e formaggio.

Ogni tanto le Istituzioni se lo dimenticano".